domenica 28 settembre 2008

キャシャーン (kyashān) - Casshern

Che sia un film particolare, lo si capisce al primo sguardo: immagini in movimento piene di abbagliante luccichio di effetti di luce, dominanze cromatiche anomale, massiccia postproduzione e ritmo incalzante. Ma quello che c’è dietro è tutt’altro che breve da spiegare. Siamo nel 1973 quando Tatsuo Yoshida, fondatore della Tatsunoko Productions sviluppa una creatura destinata a diventare un cult dell’animazione giapponese: 新造人間キャシャーン(Shinzo Ningen kyashān), traslitterato in Italia come Kyashan, seguito da un tentativo di minor spessore intitolato Hurricane Polymar (n.d. Mikyalpha). All’apparenza non sembra di scorgere nulla di particolarmente diverso dal resto del panorama degli anime dell’epoca: la figura di un ragazzo/androide non si distacca particolarmente dalla caratterizzazione di molti eroi dell’immaginario televisivo, e la battaglia infinita tra umani e robot appare un cliché sufficientemente consolidato. Eppure è già possibile scorgere delle anomalie nel percorso strutturale e narrativo intrapreso da Yoshida, percorso che porterà all’affermazione di tale Anime negli anni a venire. Arriviamo quindi a circa un anno e mezzo fa, quando al ventiduesimo Torino Film Festival un certo Kirya Kazuaki, regista esordiente formatosi nell’ambiente della musica pop coi videoclip e marito della star pop Utada Hikaru, presenta un lungometraggio “Sci-fi” intitolato Casshern. Una pellicola affascinante e contorta, quella di Kiriya Kazuaki, che attrae e respinge con medesima forza, ma che con nel poco tempo trascorso dalla prima proiezione si è conquistata sul campo lo statuto di opera di culto, oggetto di ammirazione di cinefili di confine, semplici nostalgici della vecchia serie animata e amanti di scorribande sperimentali intraprese a bordo della “Settima Arte”.
La storia è ambientata in un incerto futuro prossimo di un mondo assimilabile al nostro, ma completamente diverso, eppure attinente. Concettualmente il progetto visivo è quello già similmente sperimentato da Fritz Lang in Metropolis, da Katsuhiro Otomo in Steamboy e da Kerry Conran in Sky Captain The World Of Tomorrow: il progresso si ferma orientativamente intorno agli anni trenta, e si indirizza verso una strada diversa per diventare un futuribile impasto di vecchio e nuovo, dominato dalla squallida austerità di vecchie architetture dittatoriali, di cemento, ferro, olio e fumo denso, una perenne rivoluzione industriale ormai dagli effetti quasi postatomici in un mondo collassato in procinto di implodere. La geografia politica è comunque definita, siamo nel quadrante asiatico e una nuova classe dirigente si afferma con la forza rimpiazzando i vecchi decani della politica. La vecchia corruzione e i vecchi malcostumi, che i nuovi giovani ora al potere volevano scardinare, crescono e si trasformano in una ancor peggiore miscela di arroganza e sete di potere, lo stato diventa una dittatura e venti di guerra cominciano a spirare. Uno scienziato intanto, Kotaro Azuma, scopre e sviluppa delle cellule capaci di rigenerarsi: vi si interessano presto i militari che incentivano la ricerca ospitando Azuma nei propri laboratori. Vengono presto create delle vasche piene di liquido di coltura dove si fabbricano “pezzi di ricambio” umani. Un fulmine improvviso, chiave e fattore scatenante, si scaglia sul laboratorio modificando i corpi presenti nelle vasche e animandoli. La città si riempie così di questi nuovi esseri, umanoidi che ben presto vengono quasi sterminati dalle forze dell’ordine in una insana carneficina: i pochi rimasti, riunitisi in un piccolo manipolo sfuggono alla cattura e si rifugiano in un lontano e sperduto castello, dove si riorganizzano in un nuovo ordine covando vendetta nei confronti degli umani. Infuria intanto la guerra e il figlio di Azuma, Tetsuya, partito volontario cade in battaglia. Lo scenziato disperatamente immerge il cadavere del ragazzo nelle vasche di coltura site nel laboratorio, ridandogli la vita e inaspettatamente una nuova forza. Tetsuya diventerà ben presto l’unico eroe in grado di salvare il mondo da un’assurda guerra civile tra umani e umanoidi.

Parla di guerra Kazuaki, spuriando l’originale plot dell’Anime di Yoshida, ma non tradendolo nei suoi tratti essenziali. Si tratta di un’interpretazione, come leggere uno spartito e suonarlo a proprio modo. Sono pochi ma essenziali i riferimenti a Kyashan, sono stati mantenuti ad esempio i nomi originali dei personaggi storici della saga: ma guardando oltre la superficiale sensazione di avere davanti una mala trasposizione di un buon originale, ci si accorge di come esistano infiniti modi di raccontare una storia, quello di Kazuaki è semplicemente attuale, comune ma non scontato. Sarebbe stato facile soprattutto per un regista all’esordio di cadere nella trappola del rendere Tetsuya col classico clichè del supereoe hollywoodiano griffato Marvel, allora da bravo artista Kazuaki ha utilizzato un proprio linguaggio: era necessario per forza creare la caratterizzazione del personaggio inserendola nel contesto globale della sceneggiatura. Tetsuya nasce come figlio di una guerra senza orizzonti di salvezza, tale allora è la sua esistenza: più semidio frutto di un sovrannaturale evento dirompente che essere umano, egli stesso umano divenuto umanoide e destinato a combattere quelli che presto scoprirà essere propri simili, di comuni origini. La guerra allo stesso modo di non fare vincitori né vinti, rende chiunque vi partecipi schiavo di una meccanica contorta di violenza e morte. Il genio di questo artista esordiente sta secondo me nell’aver avuto l’illuminazione di parlare di un mondo in piena follia bellica con una postprodotta dialettica visiva dal sapore soprannaturale, rendendo quel clima di morte qualcosa di tanto orrendamente impossibile da distaccarsi dal nostro comune senso di realtà, ma allo stesso tempo tanto reale da far sentire nel cuore dello spettatore il peso di vivere veramente nel mondo delle favole, comodo sulla sua poltrona che osserva con faccia crucciata immagini di cadaveri di bambini allineati sull’asfalto. Fuori dagli schemi e innovatore.

キャシャーン (kyashān) - Casshern - Giappone, 2004
Regia, Kirya Kazuaki

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo l'ho visto almeno 3 anni fa, e devo dire che mi è piaciuto. Anche se nell'ultimo quarto di film, diventa un po pesante, per via della durate.

Secondo me perché hanno voluto metterci tutto a forza, quando era meglio farne 2 di film.

nicolacassa ha detto...

>Taro> Visivamente bellissimo!!