
Sho è un ragazzo spiantato e con la testa tra le nuvole che vive a Tokyo, dove si è trasferito per diventare musicista, ma la sua vita è andata a rotoli a causa della sua inedia. Un giorno si presenta a casa sua Norio, il padre, con in mano un'urna cineraria. Si tratta di Matsuko, una zia mai conosciuta, sorella maggiore del padre, assassinata barbaramente qualche giorno prima. Il padre assegna a Sho il compito di ripulire l'appartamento dove viveva Matsuko, un appartamento vicino alla riva di un fiume. L'appartamento è ricolmo di immondizia, lurido come il rifugio di un senzatetto, il vicino di casa è un pazzo metallaro col corpo pieno di tatuaggi, le pareti sono tappezzate di poster degli 光GENJI(Hikaru Genji), una boy band degli anni ottanta non proprio consona ad una signora di 53 anni quale era Matsuko, che a detta del vicino era odiata da tutto il vicinato; e come se non bastasse all'asterno della sua casa ronzano loschi figuri che sanno tanto di Yakuza e si interessano proprio a lui. L'incertezza assale Sho che stordito da questa mole di stranezze viene risvegliato dal detective della polizia che segue il caso, che gli rivela che sua zia era tutt'altro che spiantata: era una amata e popolare professoressa di scuola media. Comincia così un viaggio di scoperte che porterà Sho a conoscere l'esistenza di Matsuko, sua zia, vissuta a cavallo tra le epoche Showa ed Heisei, tra bordelli, attrici porno, personaggi bizzarri, amori folli, botte da orbi, sofferenza: una fantastica e tragica avventura che si concluderà con un pestaggio selvaggio da parte di chissà chi poco sopra l'argine di un fiume.
Tetsuya Nakashima, proveniente dal mondo della pubblicità, sa bene come stupire l'occhio dello spettatore, e come già in 下妻物語(Kamikaze Girls) anche qui non risparmia toni estremamente contrastati nella palette dei colori delle immagini, assieme ad un uso ossessivo di lenti grandangolari, riprese meccanizzate, steadycam e tutto un repertorio tecnico-cinematografico che è assieme un "già visto" e una "novità". Indubbiamente una firma di autore, come Picasso disegnava solo inutili linee senza senso, Nakashima fa i film in questo modo: la critica afferma che questa pellicola possa essere l'affermazione definitiva di uno stile, mentre qualcun altro ritiene l'estremizzazione visiva si interessante ed impressionante, ma non applicabile a tutti i generi di film. Personalmente, una storia tragica come questa, girata in maniera classica, avrebbe raggiunto il baratro della tragicità fine a se stessa oltrepassando un fragile equilibrio oltre il quale non si può andare: intendo, è impossibile che una persona possa vivere un'esistenza così. Secondo me questo stile di ripresa da videoclip accompagnato da una incredibile colonna sonora (scritta da un italiano, Gabriele Roberto, vincitore per questo lavoro dell'oscar Giapponese) in salsa musical, salva il film e lo rende originale. Il montaggio non lineare fatto di continui flashback e flashforward mantiene viva l'attenzione dello spettatore non lesinando colpi di scena incredibili. Ho letto da quanche parte che questa sceneggiatura, nelle mani di un altra persona, avrebbe generato solo un pasticcio. Pensiamo a Crazy Lips, un Pinku Eiga che pretende di fare il musical, l'horror e il film di arti marziali: Memories Of Matsuko è un film estremamente drammatico che vuole fare il musical, il film romantico e la saga. I risultati sono evidenti: Nakashima ha stoffa e se la cava, anche inciampando in un inizio incerto a totale discapito del personaggio di Sho che invece si rivelerà poi elemento in parte risolutore della storia, dimostrando una sensibilità non propria del teppistello che il regista dipinge nei primi minuti. Un altro neo è l'improbabile concentrazione di eventi tragici nella storia, che se pur possibile risulta esagerata: questo però, da un altro punto di vista, potrebbe essere un lato positivo soprattutto se si guarda a come gli stessi eventi tragici conducono inesorabilmente ad un pre-finale assolutamente non scontato. Il finale poi è tutta un'altra cosa, si abbandona alla più classica tradizione Giapponese dello "strappalacrime per forza": lacrimoso ma riappacificatore, risolutore, bello. Se vogliamo fare il gioco del "già visto in", sfido chiunque a dirmi dove ha già visto l'attrice che interpreta Kumi, la sorella malata di Matsuko: dopo diversi minuti non ci sono arrivato e ho guardato su IMDB: è Mikako Ichikawa, interpetava la collega del padre del bambino in 今会いにやきます(Be with you). La superstar del film è senza dubbio Miki Nakatani, bellissima e bravissima sia nella recitazione che nel canto (fa la cantante...). Kou Shibasaki (Ritsuko in Gridare Amore Dal Centro Del Mondo e Mitsuko in Battle Royale) interpreta come quasi cameo la ragazza di Sho; Anna Tsuchiya (Aoi Suzuishi, la ragazza del Go in The taste of Tea, Ichigo la teppista in Kamikaze girls) fa un'apparizione fugace, cossiccome Yu Aoi (Alice in Anna & Alice di Iwai, Shiori Tsuda in All Abou Lily Chou Chou).
In conclusione: un film bello, emozionante, non scontato, una gioia per gli occhi e un esercizio di stile per un bravissimo regista, che non è male neanche come sceneggiatore. Di certo è da vedere.
嫌われ松子の一生(Kiraware Matsuko No Isshou - La Vita dell'odiata Matsuko)
Giappone, 2006 - regia Tetsuya Nakashima
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