domenica 28 settembre 2008

アンテナ (Antenna)

La memoria si chiude, stretta fra suture fatte di tempo, trasforma il corpo in fortezza custodendo segreti e dolore, nascosti per sempre alla vista. Il corpo è quella fortezza, la coltre inviolabile dietro la quale si nasconde la verità di chi ha visto, di chi è stato testimone di una violenza domestica inconfessabile, da chiudersi fra mura domestiche definitive, come pietre tombali. Il terzo lungometraggio del giovane Kumakiri Kazuyoshi (tratto da un omonimo romanzo di Taguchi Randy) si muove fra il passato ed il presente di una famiglia distrutta, implosa dopo una la sparizione misteriosa della piccola Marie, vittima delle violenze dello zio, presto suicidatosi. Anche il padre ormai è morto. Unico sopravvissuto ed apparentemente estraneo a quel dolore è il giovane Yuichiro, che vive ormai lontano, cercando rifugio nello studio della filosofia all’università. Ma basta poco, poche immagini di una tv locale per riattivare tutto, per far riemergere il dolore per quella perdita, la sofferenza per quella rimozione. Il suo ritorno in campagna alla casa dell’infanzia, nella quale ancora vivono la madre ed il fratellino, segna la partenza di un sinuoso e misterioso viaggio nella memoria, con il suo lavoro ad esordio misterioso su di un passato che pesa ed occlude il presente. Un film nel quale il passato prende la forma dell’allucinazione, con flashback che si insinuano senza soluzione di continuità. Lo spazio memoriale si riattiva e si sovrappone al tempo presente ma non riesce ad incrinarlo e finisce per essere null’altro che scatto compulsivo di una memoria disfunzionale, costretta all’esercizio del chiarimento ma come immobilizzata dal dolore, dal trauma di una perdita che nasconde e vuole continuare a nascondere. Il presente della storia e della visione che Yuichiro trova di fronte ai suoi occhi è quello di suo madre e del piccolo fratello, sfinito da misteriosi crisi epilettiche. Il corpo di coloro i quali sono rimasti in quella casa, dimenticando, è divenuto il luogo della disciplina e dell’allucinazione, corpi costretti ed alterati, mascherati e ritualizzati per preservarsi da un demone che continua a tormentarli ma che sono stati loro stessi a creare, negando l’evidenza e la fisicità di una violenza domestica. Vi è la ferrea certezza rituale della pratica religiosa della madre, che per negare la morte della piccola bambina costringe il figlio a vestire gli abiti della sorellina mai sconosciuta, riversando così su di un corpo altro i propri fantasmi, esorcizzando fra la religiosità e la follia di un travestimento grottesco, il demone dei propri colpevoli silenzi. L’invenzione paradossale vista come unico possibile via di fuga, come annientamento definitivo di una possibile visione del passato non è mai passato ma che nel presente persiste, ed è grottescamente vivo nel corpo travestito del piccolo Yuia al di là dell’evidenza della morte. Sarà il giovane Youchi a caricare su se stesso e sul proprio corpo quel silenzio, con l’aiuto di un angelo che lo sottoporrà ad un rituale masochista sempre più estremo in grado però di fare uscire come sangue dalle ferite quel segreto, ribadendo l’insufficienza della revisione memoriale e gridando così la centralità del corpo, luogo unico e primario nel quale inverare ogni possibile superamento del dolore e della perdita, perché è in esso che questi sentimenti dimorano. E così i muri fisici e di silenzio potranno finalmente rompersi, sbriciolando ogni distinzione fra passato e presente, facendo rivivere infine la piccola vittima in uno spazio di riconciliazione che è pura réverie.
アンテナ (Antena - Antenna), Giappone, 2004
Regia Kazuyoshi Kumakiri


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