domenica 28 settembre 2008

ユメノ銀河 (Yume No Ginga) The Labyrinth Of Dreams

Medito, in una notte di primavera, appoggiato ad un palo del telefono, alle verità nascoste nel cuore di un assassino. Primo fotogramma: una scritta incisa nel legno, e una dichiarazione di intenti per questo lungometraggio scritto e diretto da Ishii Sogo, alla quindicesima fatica di una carriera iniziata nel 1978. Basato sul racconto originale di Kyusaku Yumeno, Yume No Ginga è un piccolo racconto, noir come la sua palette cromatica, ambientato in un Giappone rurale lontano dalla grande metropoli e in un indefinito passato, forse negli anni conquanta o sessanta a giudicare dai mezzi di trasporto e dai costumi. Tomiko è una giovane dipendente di una società di trasporti pubblici e lavora come controllore all’interno degli autobus di linea. Un mestiere ormai reso obsoleto dalle obliteratrici automatiche, e reso in maniera molto affascinante in questo film soprattutto perché la sua variante giapponese è fatta di totale dedizione al mezzo e al suo conducente: non stupisce allora che in una società maschilista come questa sia riservato esclusivamente alle donne. Alla controllore spetta la vendita e l’obliterazione manuale dei biglietti, l’assistenza dei passeggeri, l’apertura e chiusura delle porte, la vigilanza sulla safety del mezzo e del personale, la pulizia del mezzo sia all’interno che all’esterno, il supporto al conducente in caso di foratura e come ultimo e bizzarro compito c’è la vigilanza dei binari in caso di attraversamento di un passaggio a livello non custodito. Tomiko, da giovane grande ammiratrice della figuta della controllore, trovandocisi dentro si accorge che l’apparenza di divise eleganti e la signorilità dei modi nascondono una vita professionale fatta di sacrifici. In una fitta corrispondenza con la sorella Chieko, Tomiko descrive la sua vita e la esorta a non intraprendere mai tale carriera. La monotona quotidianità della ragazza viene sconvolta dalla morte della sua migliore amica Tsuyako, anch’ella controllore, morta in circostanze misteriose durante un turno di servizio assieme al suo fidanzato, in conducente Niitaka. Subito nell’ambiente delle controllori si spargono voci sul conto del ragazzo, che sembra avere la fama di un serial killer che adesca le ragazze col suo fascino e poi, stancatosi di loro, le uccide a sangue freddo. Tomiko, rimasta coinvolta in un incidente dove perde un collega, vede arrivare come sostituto di esso proprio Niitaka. Vedendo che una collega lo corteggia, forse per spirito di competizione, o forse per la voglia di andare in fondo alla vera ragione della morte della sua amica Tsuyako, decide di abbandonarsi alla sottile e riservata corte che Niikata le riserva: nascerà un rapporto tra i due che porterà Tomiko a scoprire cosa si nasconde dentro la mente di Niitaka, e soprattutto dentro la sua medesima. Un attore d’eccezione, Tadanobu Asano nel ruolo di Niitaka, amatissimo in giappone e forse uno degli attori giapponesi più famosi in patria, già visto in film come Zatoichi, 茶の味 (The Taste Of Tea), Ichi the Killer, sempre nel ruolo di protagonista, ci regala qui un’interpretazione scarna ed essenziale, come essenziale e conciso è questo lungometraggio; spicca la bravura della giovanissima Rena Komine nel ruolo di Tomiko Tomonari: classe 1980 e diciassettenne all’epoca delle riprese. Salta subito alla mente Hitchkok e La Finestra Sul Cortile, cioè una storia piccola piccola ambientata in due o tre locazioni che si fa grande per chi la vive e la guarda, attraverso la geniale inventiva di una penna abile a rendere la cluastrofobica sensazione di non sentirsi a proprio agio. Questione di punti di vista, allora, se si riesce a definire chi dei personaggi stia veramente conducendo il gioco. Non lo definirei un thriller anche se ne dà la sensazione. La scelta del bianco e nero rende l’atmosfera pesante al punto giusto, regia e sceneggiatura si fondono in un unico intento nella penna di Ishii Shogo, ma la ragnatela ha qualche piccolo buco ed è imperfetta. Un film ansiogenamente parlando “permissivo” per chi come me è sensibile ai thriller, ma forse per questo più docile e gradevole, condito con un finale originale e per nulla scontato.

ユメノ銀河 (Yume No Ginga) The Labyrinth Of Dreams
Giappone, 1997, Regia di Ishii Sogo

Nessun commento: