domenica 28 settembre 2008

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Se avete letto il libro, alla visione di questa locandina vi starete chiedendo:"Perchè?", perchè i fiorellini scintillanti? Perchè colori pastello? I colori che avevo immaginato nella lettura del breve romanzo erano più cupi, e l'atmosfera generale che mi sarei aspettato dal film era diversa: ma al di là delle semplici considerazioni sensoriali soggettive di ogni individuo che vede un film dopo aver letto il libro al quale tale film era ispirato, ci sono dei motivi più profondi e fondati dietro questo mio scetticismo. Riporto di seguito per filo e per segno la trama del romanzo-film esattamente come l'ho scritta nella mia recensione del romanzo di Risa Wataya, al quale il film è "ispirato".
Asako ha diciassette anni, vive la sua quotidianità come tutte le altre ragazze giapponesi della sua età, tra piccoli finti drammi, solitudini, impegnativi rapporti interpersonali: Asako dimostra una certa attitudine all'impulsività e alla sfrontatezza. Un giorno stanca della sua vita si assenta da scuola prima della fine delle lezioni, e viene sospesa per diversi giorni. Caduta in depressione per l'andare delle cose decide di fare piazza pulita di tutto, a cominciare dalla sua stanza, che svuota completamente di arredi e suppellettili, compreso un pianoforte, e gettando tutto alla spazzatura durante diversi giorni di duro lavoro. Per ultimo trova, impolverato, un vecchio computer, che non ne vuole sapere di funzionare, regalo dell'amato nonno buon'anima. Getta a malincuore anche quello, e si ritrova davanti alla catasta di rifiuti nel deposito condominiale, vestita con la divisa scolastica e distesa su un pavimento puzzolente di benzina e olio. Per la sua piccola vita questo è il fondo. Incontra in quell'istante un bambino, al quale regala il computer al quale sembrava interessatissimo. Passano così i giorni, e Asako continua ad uscire di casa la mattina vestita della sua divisa, aspetta che la madre esca di casa e rientra per passare le giornate nella sua stanza vuota. Durante i giorni festivi la madre rimane in casa, e lei si rifugia nella terrazza del palazzo. Passano i giorni e una serie di strani eventi la portano ad incontrare di nuovo il bambino, che è riuscito ad aggiustare il computer e lo usa abitualmente rinchiuso dentro un armadio a muro. I due stringeranno uno strano legame per via di questo computer, e il bambino rivelatosi anche troppo grande per la sua età le proporrà di sostituirlo in un "lavoretto" che è solito svolgere nel tempo libero: fingere di essere una prostituta in una chat erotica a pagamento.
Il motivo di questa mia copiatura non è la poca voglia di scrivere, ma la dolente constatazione del fatto che il film dal punto di vista della sceneggiatura è una maldestra trasposizione più che un'interpretazione del libro: questo fatto vista l'ottima scrittura della Wataya dovrebbe essere un solido punto a favore della pellicola, ma qui si tratta di assistere ad un evolversi delle situazioni identico assieme ad un utilizzo di intere frasi copiate parola per parola, il tutto in un contesto visivo e ambientale a mio avviso completamente sballato rispetto al romanzo. Siamo in una periferia di una città Giapponese, suppongo Tokyo anche se non è specificato, ma tutto è diverso dalla classica periferia con casermoni immensi. Giuro io ho visto scene da Matrix quando ho percorso l'autostrada da Narita a Tokyo, passando per la prefettura di Chiba: infiniti parallelepipedi di dieci o quindici piani le cui facciate sono tutte balconate, gli accessi alle abitazioni sono all'aperto e sopra ogni porta c'è una luce al neon e una luce rossa, penso sia l'estintore. Questi palazzoni di notte danno l'impressione di un'umanità inscatolata nell'anonimia come nelle vasche di coltura dei corpi di Matrix per l'appunto. Avrei immaginato che asako vivesse in un ambiente simile, ma invece vive in un complesso incredibile di palazzi colorati di un ambra acceso che cingono a semicerchio un quartierino di villoni con stradine all'americana e tanto verde. C'è un parco simil Versailles con un laghetto a fuga prospettica su di un ponte del sospiri e in cima al palazzone più grande un simil-campanile dove all'interno ci si può sbaciucchiare in panchine ivi appositamente allestite. Un'ambientazione particolare che si fonde alla perfezione con lo stile di ripresa del regista e con la contrastatissima (cromaticamente parlando) palette cromatica che qualcuno ha dato alle immagini in post produzione, come Peter Jackson insegna. Tutto è strano e l'unico paragone che mi salta alla mente è 下妻物語 (Shimotsuma monogatari - Kamikaze Girls), dove una storia e personaggi particolari per non dire bizzarri è enfatizzata da utilizzo massiccio del grandangolo, da rumori per evidenziare movimenti (tipo kung fu) etc. La Wataya parla di un disagio interiore profondo e del rinchiudersi in un microcosmo comunque comune e usuale; è il solito Giappone che dovrebbe accompagnare questa storia, non il paese del Mago Di Oz. Se Mika Omori, la sceneggiatrice, si fosse limitata a copiare dal libro magari i danni sarebbero stati lievi, ma ha fatto di peggio: Momenti di follia pura e delirio comico (memorabile la scena dove si descrive la coprofilia..) si alternano a momenti di drammatico sconforto, senza una logica chiara e vi sono degli evidenti buchi forse a causa di un ahimè non precisissimo montaggio. Il regista Kei Kataoka non si lascia scappare l'occasione di sfruttare l'arma della ragazzina diciassettenne in divisa scolastica per soddisfare il maschio giapponese medio, e inserisce una scena che assolutamente non condivido nella quale Asako chatta con un "cliente" che le fa delle domande dirette in materia sessuale: secondo la Wataya la protagonista dovrebbe reagire con un'emozionante imbarazzata eccitazione mentale e fisica di fare qualcosa di proibito con la sicurezza di non farlo in realtà; secondo Kataoka questo si trasforma in un piccolo videoclip sexy dove la controparte cinematografica Aya Ueto si struscia su una coperta e poggia sensualmente i suoi labbroni carnosi su di una lattina di coca-cola. Il lato sexy della Ueto è vistosamente evidenziato da un pesante trucco alle suddette labbra che appare magicamente e scompare a seconda del tono della scena. Poi ci sono delle strane invenzioni: come una morte che non dovrebbe esserci se non per dare drammaticità ad una storia che non è drammatica, ma una continua vignetta accompagnata continuamente da una colonna sonora allegra da spot pubblicitario, e da una insopportabile voce fuori campo che dice "tu-tu-pi-tu" dopo alcune battute e in alcuni cambi di scena. Insomma voto negativo per tutto tranne che per l magistrale interpretazione del bambino Kazuyoshi, interpretato da Ryunosuke Kamiki, che sarà scelto l'anno successivo da Takashi Miike per interpretare Tadashi Ino, il bambino protagonista di 妖怪大戦争(Yokai Daisenso - The Great Yokai War). Leggete il romanzo, ve lo consiglio, se poi volete vedere Aya Ueto che recita anzichè cantare e pubblicizzare salsa di soia e fare la idol, guardate il film.
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Giappone, 2004 - regia Kei Kataoka

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