lunedì 20 ottobre 2008

スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki) (UPDATED)

“Un film poco impegnato”. Con questo spirito ho intrapreso la visione di questo lavoro di 深作健太(Kenta Fukasaku), figlio dell'immenso 深作欣二(Kinji Fukasaku), uno dei migliori registi che il Giappone abbia mai avuto. Kenta, come primo lavoro di una finora anonima carriera registica, con risultati non esaltanti ha preso le redini di バトル・ロワイヤルII - 鎮魂歌(Battle Royale II - Requiem), rimasto incompleto a causa della morte del padre che lo aveva iniziato,, e ha parteciparo come autore al primo バトル・ロワイヤル(Battle Royale). Come ho assistito con scetticismo alla proiezione del primo film del figlio di Miyazaki, anche in questo caso di certo l'attesa non era alle stelle come per un film di Kinji.
和田慎二(Shinji Wada) col suo manga スケバン刑事(Sukeban Deka - La capo-banda detective) del 1979 ha iniziato una serie di successo che si è tradotta nella produzione di 3 serie televisive, diversi manga omonimi, un anime e tre film di cui questo è il più recente, tutti con protagoniste belle ragazze in divisa scolastica armate di yo yo. Il primo di questi si intitola スケバン刑事(La Capo Banda Detective), del 1987, diretto da 田中秀夫(Hideo Tanaka), il secondo si intitola スケバン刑事 風間三姉妹の逆襲(Sukeban Deka, Il Contrattacco Delle Sorelle Kazama), del 1988, sempre dello stesso regista, e l'ultimo è quello in questione, del 2006. Lo sceneggiatore 丸山昇一(Shōichi Maruyama) ha preso un pò di libertà nell'adattare il soggetto di Wada, e il film assume dei toni assai diversi da quelli dei precedenti, rendendo pure il titolo quasi inadatto: スケバン(Sukeban) in giapponese vuol dire "ragazza delinquente delle scuole superiori": la nuova Asamiya Saki pur avendo sempre lo yo yo è invece una specie di aborto di agente segreto alla Jason Bourne (per chi ne conoscesse la trilogia...). Si insomma dalla locandina si vede una bella ragazza in divisa che se la tira con uno yo-yo, ho pensato ad un altro di quei film dementi d’avventura con procaci ragazzine come protagoniste, che tra una vicissitudine e l’altra magari mostrano, che so, le mutandine, ma solo pochi secondi. I giapponesi sfornano di questi film a ritmo continuo, molti scadono nel soft porno, e molti non superano la distribuzione nazionale nelle peggiori videoteche di Akihabara.
スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ(Sukeban Deka: Coodo neemu= Asamiya Saki) comincia bene: una ragazza tumefatta da milioni di botte cammina barcollando per le strade di センター街(Center-gai), a 渋谷(Shibuya), con la sua divisa scolastica e sotto la giacchetta color khaki una bella cintura esplosiva con un timer che segna un tempo allarmantemente breve. La ragazza è spacciata, mille telecamere la riprendono (in effetti la quantità di telecamere di sorveglianza a センター街(Center-gai) è allucinante), e dietro di esse c’è il suo carnefice. Proprio mentre si accinge a barcollare per il Shibuya crossing, con un ultimo sforzo allontana i passanti per provocare i danni minori. “Bum” in stop motion. Da un’altra parte chissà dove in un enorme corridoio sotterraneo una squadra di poliziotti scorta una specie di barella tipo “Il silenzio degli Innocenti” con sopra anziché Hannibal Lecter una ragazza (un'irriconoscibile 松浦亜弥-Aya Matsura) dallo sguardo minaccioso completamente legata come fosse un dinosauro. La ragazza è stata catturata a New York, è figlia di una signora Giapponese che è stata catturata nello stesso posto per sospetto spionaggio. Gli agenti e il detective Kira Kazutoshi (un 竹内力(Riki Takeuchi) in splendida forma) faticano non poco per domare la ragazza che mostra una forza incredibile e un addestramento in grado di farle tenere testa a diversi energumeni, e ci riescono solo ricattandola e promettendole di intervenire presso gli USA per il rilascio della madre. La ragazza dovrà infiltrarsi in una scuola superiore e far luce sugli eventi che hanno portato alla morte della ragazza-bomba a Shibuya e dovrà capire a cosa si riferisce il count-down che campeggia nella home page di un sito internet, l’”Enola Gay”, che a quanto pare istiga i giovani alla violenza e al suocidio e insegna a confezionare bombe. Alla ragazza viene data una strana arma, uno yo-yo, una divisa scolastica e un nome, Asamiya Saki. Sembra che l’“Enola Gay” abbia una qualche connessione con la scuola. Saki trova una situazione non rosea nell’istituto, in particolare vi sono episodi di bullismo estremo ed una delle tante persone ad essere presa di mira è Tae Konno. Saki attraverso l’amicizia con Tae riuscirà a sbrogliare una bella matassa di casini fino a trovarsi di fronte a qualcosa di più grande di quello che ci si aspettava.
Tanta carne al fuoco: teen movie con toni cupi e violenti, il tema scottante del bullismo giapponese, hero-movie con ragazzina in divisa, e trama intricata con cattivoni a non finire. Certo l’autore Shinji Wada e gli sceneggiatori che hanno adattato questo racconto non cazzeggiano come gli sceneggiatori di “Boris”, ma ogni tanto mi chiedo se non sia davvero troppo arrivare a questi livelli. Il divertimento certo non manca: 松浦亜弥(Aya Matsura) che interpreta Saki è davvero carina, e di sicuro non fa fatica a riesumare il caratterino imbronciato e saccente mostrato nel film 青の炎(Ao No Honō - La Luce Blu), 2003, diretto da Yukio Ninagawa. Diciamo che in tutto il film interpreta un’eroina che continua a fare una faccia da cattiva assolutamente poco credibile col suo visino angelico: è un po’ impacciata nelle prime ore del suo incarico, la figura di merda nel centro commerciale, quando usa per la prima volta lo yo-yo e memorabile, e solo alla fine, contro il mostro finale diventa tutto ad un tratto incredibilmente esperta della pericolosa arma. Tamarrissima, con la sua divisa alla marinaretta blu scuro, lo yo-yo appeso ad una giarrettera sulla sua candida coscia di scolaretta e l’ombrello rosso entra a scuola, dove tutti hanno una divisa khaki e l’ombrello bianco, come per dire “Ehi sono infiltrata in questa scuola, venitemi a prendere”. I super risvolti umani del suo carattere e il suo passato sfigatissimo la rendono umana e va bene così, se solo non se la tirasse così tanto! Fantastico quando decide di indossare la divisa da combattimento, che fa il verso a quella di Zebraman (2004, di Takashi Miike), ma con il foulard rosso a richiamare la scolaretta.
Ma se si vuole vedere oltre la demenza propria richiesta dall’audience Otaku con la quale i produttori giapponesi devono per forza rapportarsi, questo film ha dei contenuti molto profondi, importanti e coraggiosi: la denuncia del bullismo e la denuncia della pessima abitudine di professori e presidi di infangare la cosa: non avevo mai visto un’esposizione così esplicita del problema in tutta la mia carriera di nippo-cinefilo (Senza contare la più psicologica e claustrofobica visione data da Shunji Iwai in リリイ・シュシュのすべて (Tutto Su Lily Chou-Chou).
Nelle scuole giapponesi, quelle vere, con il campo sportivo che si trasforma in una palude in primavera quando piove, non arriverà mai una Asamiya Saki con le coscie all’aria per salvare tutti: le ragazze continueranno a chiudersi in bagno per tagliarsi le vene, i ragazzi si chiuderanno in casa per non uscirne, i perseguitati saranno vittime eterne della loro debolezza e i persecutori saranno vittime eterne di essi stessi, in una spirale che finirà con il diploma, per cedere il posto all’incubo successivo in una società estremamente omertosa, non compiacente ma imbarazzata nel constatare che la vita va così e basta, e non si può cambiare. Chiunque o quasi (Shiho sembra essere fin’ora l’unica che ho conosciuto a non avere avuto esperienza di bullismo a scuola) è stato vittima, o persecutore, la via di mezzo è solo il silenzio, perché farsi notare, come vittima, persecutore, spione, attivista, brutto, bello, bravo, non bravo, o come uno che dà nell’occhio, significa uscire dall’anonima massa silenziosa e laboriosa ed esporsi come camminare nudi in mezzo alla strada. Il Giappone non perdona chi esce dalla massa e chi si comporta in maniera diversa da come ci si dovrebbe comportare. La redenzione può arrivare solo passando al livello successivo della vita settoriale dell’individio giapponese: dalla giovinezza alla fase adulta, dalla scuola all’università, dall’università al lavoro. Spero che un giorno possa esistere una fine a questo inferno. Questo è uno dei motivi per i quali i Giapponesi odiano il Giappone, e vogliono solo fuggire.
Se visto da questo lato, スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki) è un film delicatissimo ed estremamente attento alla problematica. È impossibile non affezionarsi al personaggio di Tae Konno e il film per fortuna non infierisce, infatti almeno qui non muore nessuno!

A tutti coloro che sognano di avere una fidanzata giapponese: guardate questo film, realizzate che il Giappone è un inferno per i meno forti, e salvate questi angeli: portateli via di lì!
スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki) è un film esagerato, tamarro, otaku, ma anche divertente ed interessante, e in qualche modo coraggioso, e agli sceneggiatori va il merito di aver aggiornato ad oggi le tematiche giovanili che ne interessano i protagonisti che rimangono forse l'unica parte realistica di questo lavoro.

UPDATE: E per la gioia dei suoi fan ecco Riki "belli capelli" Takeuchi in una scena del film...


スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (Sukeban Deka: Koodo Neemu= Asamiya Saki - La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki)

Giappone, 2006 - regia di 深作健太(Kenta Fukasaku)

8 commenti:

Weltall ha detto...

No, no, no, no, no e no!!!
Non ci siamo proprio!!!
Cioè, in questo film c'è Riki Takeuchi e non gli riservano neanche uno spaziettino nella locandina?!?
Ma stiamo impazzendo?!? ^__*

Iuitirus Nero ha detto...

Ahhh!
Sono un fan di Riki Takeuchi!
Questo film è veramente interessante. L'ho guardato al cinema!!

Weltall ha detto...

Grande Iuitirus ^___^
Riki Takeuchi è DIO!!!
Ma anche Sho Aikawa non scherza ^__^

nicolacassa ha detto...

>Cuggino> Ho rimediato subito alla mancanza postando una bella foto di Riki Takeuchi con la folta chioma che sfoggia nel film..

>Yui> Grande Yui! :)

Anonimo ha detto...

"Nelle scuole giapponesi, [...]le ragazze continueranno a chiudersi in bagno per tagliarsi le vene, i ragazzi si chiuderanno in casa per non uscirne, i perseguitati saranno vittime eterne della loro debolezza e i persecutori saranno vittime eterne di essi stessi, in una spirale che finirà con il diploma, per cedere il posto all’incubo successivo in una società estremamente omertosa, non compiacente ma imbarazzata nel constatare che la vita va così e basta, e non si può cambiare. Chiunque o quasi [...] è stato vittima, o persecutore, la via di mezzo è solo il silenzio, perché farsi notare, come vittima, persecutore, spione, attivista, brutto, bello, bravo, non bravo, o come uno che dà nell’occhio, significa uscire dall’anonima massa silenziosa e laboriosa ed esporsi come camminare nudi in mezzo alla strada. Il Giappone non perdona chi esce dalla massa e chi si comporta in maniera diversa da come ci si dovrebbe comportare. La redenzione può arrivare solo passando al livello successivo della vita settoriale dell’individio giapponese: dalla giovinezza alla fase adulta, dalla scuola all’università, dall’università al lavoro. Spero che un giorno possa esistere una fine a questo inferno. Questo è uno dei motivi per i quali i Giapponesi odiano il Giappone, e vogliono solo fuggire."

Questo commento mi ha fatto impazzire... L'ho riportato per intero e spero che mi perdonerete. Nicola ha una visione cosi' realistica della societa' giapponese che va oltre i "normali otaku", Nippofili o simili.... Indica un livello avanzato e profondo del suo livello di conoscenza di esso e me ne compiaccio. Cio' non significa che mi piace il commento solo perche' dipinge questa societa' in maniera palesemente negativa. Ma, perche' e' stato capace, pur amando questo paese (e si vede), di togliersi le fette di prosciutto (pardon di sashimi) dagli occhi, male comune a molti tatamizzati.

Weltall ha detto...

Minchia che capelli!!!
Può veramente rivaleggiare con Sho Aikawa in Shangri-La ^____^

Andrea Castello ha detto...

Veramente, siamo spesso al paradosso che "l'Italiano medio" ha un visione del Giappone - per quanto viziata dal pregiudizio opposto - più realistica di quella del "Nippofilo medio" che del Giappone vede solo gli aspetti positivi.

Posso dire di essere appassionato di "cose giapponesi" da quando ero ragazzino, pur non essendo "otaku" di alcuna particolare arte/disciplina e se una certa percentuale di fanatismo è ammissibile in giovane età, dopo non lo è più e diventa un problema.

Vorrei però anche spezzare una lancia a favore dei nippofili di vecchia generazione, quelli cresciuti ad anime/manga/arti marziali prima e tutto il resto poi.
Di quelli che conosco io, pochi hanno un'idea del Giappone come paese della cuccagna e ancor meno dichiarano di volerci vivere per sempre.

Personalmente, ci vivrei non più di qualche anno e a condizioni ben precise, e devo forse dire che dall'idea (ovviamente parziale) che mi sono fatto in questi anni ritengo preferibile essere un "gaijin" con tutto il sottofondo un pò razzista compreso nel pacchetto, che essere un ingranaggio della loro società (ammesso che fossi Giapponese).

nicolacassa ha detto...

>Rob> Grazie! E mi hai fatto venire voglia di Sashimi!!

>Cuggino> Capelli incredibili!!

>Cinghius> Concordo...