domenica 28 settembre 2008

それでもボクはやってない (Comunque sia, non sono stato io)

Su asianworld la traduzione dei sottotitoli di questo film da me effettuata, e riporto la recensione che ho scritto sul forum dello stesso sito. Qui potete scaricare i sottotitoli!!

Plot: In un treno iperaffollato che corre in un punto imprecisato dell’immensa Tokyo, Tappei Kaneko, un ragazzo in cerca di lavoro, viene accusato ingiustamente da una quindicenne di aver commesso 痴漢 (Chikan – Palpeggiamento). Dall’inizio alla fine, la sua vicenda giudiziaria.

Commento: Per noi Italiani, il reato di palpeggiamento non esiste neanche, essendo annoverato nell’ambito della molestia o della molestia sessuale. Viene anche da sorridere il solo pensare che commettere un atto del genere possa letteralmente rovinare la vita di una persona. Se in Italia l’essere pregiudicati può significare solo in qualche caso la preclusione ad alcuni ambiti della società (ma come si vede al giorno d’oggi anche il premio di una carriera politica prestigiosa), in Giappone significa la fine di ogni rapporto sociale costruttivo, sia in termini di rapporti interpersonali, sia in termini lavorativi e di reputazione (Tegami insegna). Da qui si può capire innanzitutto il senso di questo film nel narrare una vicenda giudiziaria derivante da un tale genere di reato, apparentemente lieve.

Il reato: Il 痴漢 (Chikan – Palpeggiamento) è una pratica molto diffusa in Giappone. Gli aggressori sono per la stragrande maggioranza di sesso maschile, ma si ha notizia di alcuni aggressori di sesso femminile. L’aggressione si attua di solito in luoghi affollati, preferibilmente treni, preferibilmente all’ora di punta, e consiste nel semplice toccare la vittima in corrispondenza delle sue parti intime. Vi sono diversi livelli di gravità nell'ambito di questo reato, che consistono nell’effettivo punto di contatto della mano dell’aggressore: ad esempio al di sopra o all’interno della biancheria intima. Le vittime, come già detto per la maggioranza ragazze, sono estremamente restie a reagire all’aggressione: questo deriva innanzitutto dalle peculiarità del carattere e dell’educazione dell’individuo giapponese che, per la maggioranza degli individui, consiste nel cercare di emergere dalla massa il meno possibile: denunciare e reagire ad un aggressore all’interno di un treno super-affollato significa non solo esporsi ad un rischio personale nei confronti dell’aggressore, ma anche nel mettersi figurativamente su un palcoscenico molto scomodo. Le compagnie ferroviarie giapponesi, per porre rimedio al dilagare di questi fenomeni, sin dal 1912 hanno introdotto i 女性専用車両 (josei sen'yō sharyō – Vagoni per sole donne), chiamati in precedenza 花電車 (hana densha – flower trains): la JR se n’è accorta più tardi, iniziando solo nel 2001. Queste carrozze speciali sono riservate alle donne e sono in servizio principalmente nell ore di punta, quindi dall'inizio del servizio fino alle 9:00 circa, la mattina, e dalle 17:00 alle 21:00 circa, la sera. L’estremo affollamento dei treni, però, rende un posto su queste carrozze merce rara, e il rimedio lungi dall’essere efficace. Il governo allora è corso ai ripari, facendo in modo che fosse proprio la mentalità, soprattutto delle forze di polizia e dei giudici, a cambiare: per questo attualmente vi è un estremo accanimento da parte di queste istituzioni, nei confronti degli aggressori e dei presunti aggressori, e la testimonianza di una vittima o presunta tale è considerata alla stregua di prova determinante per l’accusa, vista anche l’impossibilità nella maggior parte dei casi di rintracciare prove certe dell’aggressione. Questo sitema malato ha portato a delle aberrazioni impressionanti: è di pochi giorni fa la notizia dell'arresto di una coppia, ad Osaka, che nelle ore di punta stazionava nei treni: lei accusava un malcapitato di palpeggiamento, e lui nelle vicinanze la supportava proponendosi come testimone: il malcapitato, conoscendo la pessima situazione del sistema dal quale stava per venire giudicato, accettava di buon grado la proposta di un ritiro della denuncia in cambio di un’ingente somma di denaro. Questo genere di atti criminosi si sta moltiplicando in maniera preoccupante.

Il sistema giudiziario Giapponese: Parlare in generale del sistema giudiziario Giapponese sarebbe fuori tema e abbastanza noioso, ma è utile puntualizzare alcuni aspetti connessi al film: innanzitutto, come in tutti i paesi dell’estremo oriente, sia la giustizia che la forza di polizia sono mal informati sul concetto di “diritti umani”. In giappone in particolare, la polizia è molto violenta e corrotta, un poliziotto è una delle persone meno affidabili che si possa trovare, a detta degli stessi giapponesi. All’atto della scoperta un crimine si mette in moto un meccanismo che porta all’immediata cattura del presunto aggressore: il presunto colpevole viene imprigionato nella più vicina stazione di polizia che funziona anche come vero e proprio luogo di detenzione. Questa carcerazione preventiva si chiama 代用監獄 (Daiyō Kangoku), e si può protrarre fino a 23 giorni. Durante questo periodo, il presunto colpevole viene tenuto in uno stato di detenzione militaresca all’interno di celle piccolissime e sovraffollate. La polizia può effettuare interrogatori dalla durata illimitata, senza che l’interrogato possa avere l’assistenza di un avvocato e senza che tali sedute siano verbalizzate e registrate. Durante questi interrogatori, la polizia ha un solo intento: quello di convincere l’accusato a confessare. Lo spirito degli investigatori infatti è quello di evitare al dipartimento la figuraccia di ammettere un’incarcerazione ingiusta e quindi di ammettere un errore. Gli interrogatori sono spesso violenti e si ha notizia di torture effettuate in queste occasioni. L’incarcerazione preventiva, se l’accusato non confessa, si trasforma in incriminazione: la maggior parte dei procuratori infatti prende il risultato delle indagini svolte dalla polizia (sempre a sfavore dell’accusato) come prova fondamentale e, per lo stesso motivo citato prima, si guarda bene dal mettere la polizia nella condizione di scusarsi per un’incarcerazione ingiusta. La palla passa al giudice, che si pronuncia per la colpevolezza nel 99,9% dei casi, sempre per guardarsi bene dal far fare una figuraccia alla polizia ed al procuratore, e per risparmiare il sistema giudiziario della noia di un sicuro ricorso in appello da parte dell’accusatoLe reazioni: Questa situazione negli ultimi tempi è venuta alla luce a livello internazionale grazie a due avvenimenti: l’incarcerazione ingiusta del giornalista svedese Per Bodner, e il convegno organizzato dal 日本弁護士連合会(Nihon Bengoshi Rengōkai – Ordine degli avvocati Giapponese o JFBA), in seguito alla denuncia sporta in data 18 maggio 2007 dal CAT (Committee Against Torture), una delle sette istituzioni ONU a difesa dei diritti umani. Il primo fatto, la storia del povero giornalista svedese, ha portato la stampa internazionale ad occuparsi della faccenda, soprattutto perché uno dei suoi avvocati difensori era il nostro connazionale Pio D’Emilia, corrispondente dal Giappone per varie testate, nonché avvocato e vicepresidente dell’associazione della stampa estera a Tokyo (qui il racconto della vicenda e qui il il racconto di Pio D'Emilia). Il secondo avvenimento ha visto, in data 15 dicembre 2007 la proiezione di questo stesso film qui presentato, ed un successivo dibattito (foto e foto).

Il film: E’ un film lungo, privo di qualsiasi particolarità scenografica o fotografica, quasi come fosse un documentario, ed è pieno zeppo di dialoghi: quasi 2000 sottotitoli per due ore e venti minuti di durata, e molti di questi sono abbastanza lunghi a causa di dialoghi che sembrano lezioni universitarie. La storia è fittizia ma rispecchia fedelmente la realtà. Le riprese in stazione sono state effettuate presso la 府中駅 (Fuchū-eki - Stazione di Fuchu), a Tokyo, con la gentile concessione della Keio che ha prestato uno dei suoi treni, cammuffato come un convoglio della fittizia compagnia ferroviaria Jyohoku; i nomi di stazione stessi sono fittizi. Non si può dare un merito particolare al film né agli attori, ma è assolutamente da premiare il CORAGGIO di aver portato alla luce le falle di un sistema malato e corrotto. E’ importante che tutti sappiano cosa sta succedendo in Giappone, sotto questo punto di vista.
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L'angolo linguistico: Anche se (specialmente sui treni) il più delle volte il reato consiste effettivamente nel palpeggiamento, originariamente il termine chikan non indica quell'atto bensì l'uomo che "compie atti indecenti/osceni nei confronti di una donna". In senso più lato, il vocabolo indica un "uomo stupido", infatti il primo kanji può anche essere letto come oroka di "stupido, sciocco" e il secondo ha, tra i vari significati, anche l'accezione di "uomo" nel senso di otoko,maschio. (by niachan)

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