lunedì 22 dicembre 2008

男たちの大和 (Gli Uomini della Yamato)

Qualunque nippofilo conosce la corazzata Yamato, e ricorda una nave dal design da urlo che solca lo spazio nell'Anime 宇宙戦艦ヤマト(Uchū Senkan Yamato - Nave da battaglia spaziale Yamato). In realtà quell'Anime s'ispira alla più grande e pesante nave corazzata della storia...

(Picture from Wikipedia) 71.000 tonnellate a pieno carico, lunga 263 metri, una miriade di cannoni ad armare una specie di fortezza galleggiante. La Yamato era l'orgoglio della marina Giapponese. La nave non ebbe molte molte occasioni di mostrare la sua potenza, affondò qualche vascello e una portaerei di scorta Americana: nella battaglia del golfo di Leyte, tra il 25 e il 26 ottobre 1944, la prima prova di combattimento reale la sua sorella gemella 武蔵(Musashi) fu affondata ed essa stessa ricevette dei gravi colpi rimanendo danneggiata. Quando gli americani cominciarono l'invasione di Okinawa, la Yamato fu spedita per la sua ultima missione, nome in codice 天号作戦(Ten-Gō Sakusen - Operazione Ten-Go): fare da argine all'invasione. Durate la battaglia, la nave fu affondata dall'attacco di soli aerei armati di siluri e bombe da picchiata. L'affondamento della Yamato sancì definitivamente l'inutilità in battaglia delle navi corazzate, lente e pesanti nel confronto con l'aviazione imbarcata, vero futuro del combattimento marittimo.

Di certo, chi ha prodotto e scritto il film non si poteva aspettare che gli spettatori Giapponesi non conoscessero già la storia: dunque lo sceneggiatore Jun Henmi e lo stesso regista 佐藤純彌(Satō Junya) hanno optato per una formula a flashback, partendo dal presente, per narrare le vicende degli uomini della Yamato più che le vicende della nave stessa.

Alla fine dell'agosto 2005 Makiko Uchida si reca a Kure, a visitare il museo dedicato alla corazzata Yamato in occasione sel sessantesimo anniversario del suo affondamento (31 Agosto 1945). Dopo la visita si sposta al porto per cercare un capitano che la porti nel luogo dell'affondamento della corazzata, alle coordinate 30°22′0″N, 128°4′0″E: tutti si rifiutano, la traversata è troppo lunga ed il mare è agitato. La donna sembra rassegnarsi quando incontra un vecchio marinaio, Katsumi Kamio, interpretato da 仲代達矢(Nakadai Tatsuya). Il vecchio, dopo un breve dialogo scopre che la donna è la figlia di Mamoru Uchida, uno dei suoi superiori a bordo che credeva morto. Uchida in realtà sopravvisse all'affondamento e una volta tornato in partia adottò 15 bambini orfani dei marinai della Yamato, e tra questi c'era anche Makiko. Il vecchio Kamio accetta di salpare per quel punto sperduto in mezzo al mare. Durante la traversata il vecchio rivive la sua esperienza a bordo della corazzata: imbarcato giovanissimo (15 anni) e assegnato al ruolo di caricatore del cannone sinistro di un sistema antiaereo trinato della nave. La vicenda va a consumarsi con le vicende della nave, e la fine della carriera della corazzata alla quale fu assegnato il giovane Kamio non segnò la fine delle sue sofferenze e di quelle delle persone che gli furono vicino, perchè Kure sta a soli 10km da Hiroshima, e la bomba atomica cadde proprio mentre la corazzata era in navigazione verso il suo destino.
La storia sviluppa alcuni personaggi che ruotarono alla vita del giovane Kamio: in primis il "capo" Uchida, poi gli altri due superiori che con Uchida formavano un trio indissolubile: Shohachi Moriwaki e Masao Karaki. I primi tempi a bordo furono per Kamio un piccolo inferno, il film mostra la vita di un marinaio Giapponese ai tempi della seconda guerra mondiale: intensa attività addestrativa, febbrili attività di pulizia (il ponte si puliva passando lo straccio chinati per terra, come da migliore tradizione Giapponese che non conosce lo "spazzolone"), attività fisica (Judo, Kendo) e libere uscite. Lo sviluppo della storia poi è la solita falsariga del film storico-catastrofico: introdurre una miriade di personaggi, farli affezionare agli spettatori e poi farli morire (quasi) tutti.
Poi il sangue, i corpi smembrati e gli atti eroici in combattimento sono roba trita e ritrita, ma ci sono degli aspetti estremamente interessanti in questo film: innanzitutto noi occidentali possiamo facilmente isolare da questa storia l'estrema testardaggine dei militari Giapponesi, derivante non solo dall'addestramento e dal lavaggio mentale che subiscono sin da bambini (ancor di più in periodo di guerra e di imperialismo puro). Fanno sorridere le risse tra militari che litigano per chi vuole morire di più, e fa pensare quel superiore che li placa dicendo "nel nostro paese c'è bisogno di gente che vuole vivere, non che vuole morire, perchè la ricostruzione avvenga". Fanno letteralmente incazzare gli addii senza un bacio o una carezza, solo sguardi frettolosi seguiti da promesse come "ti aspetterò", fanno incazzare le dichiarazioni d'amore pronunciate mentre chi le pronuncia fugge per la vergogna, e fa incazzare il falso valore dell'uccidersi per la patria: la Yamato compì un vero e proprio atto di suicidio contro forze matematicamente più forti operato da 2778 Kamikaze che bevvero il Sakè prima di salpare, 2778 forzati del valore e farciti di ideali dei quali solo 280 sopravvissero.
Mi fa sempre rabbia vedere la guerra, vedere vite sprecate nella violenza. Penso sia un sentimento condiviso da chi ha scritto questo film, che ha inserito dei chiari messaggi di pace nel rispecchiare tutta la fallimentare gestione dell'impero Giapponese nell'affondamento della Yamato, a monito degli imbecilli che ancora in Giappone continuano a sventolare le bandiere con il crisantemo a sedici petali.
Mai più la guerra. E onore ai ragazzi della Yamato.
男たちの大和(Otoko-tachi no Yamato - Gli Uomini Della Yamato)
Giappone, 2005 - regia di 佐藤純彌(Satō Junya)

sabato 20 dicembre 2008

鮫肌男と桃尻女(L'uomo con la pelle di squalo e la donna col culetto di pesca)

Anche se un pò volgare, il kanji 尻(shiri) non poteva essere tradotto che con la parola, "culetto", ci stava troppo bene, anche perchè si riferisce ad una ragazza davvero adorabile! Dopo aver letteralmente amato il formidabile 茶味(Cha no Aji - Il Sapore Del The), ci siamo buttati senza remore nella visione dell'opera prima del non prolifico 石井克人(Katsuhito Ishii). Un titolo particolare, 鮫肌と桃尻(Samehada Otoko to Momojiri Onna - L'Uomo Con La Pelle Di Squalo e La Donna Col Culetto Di Pesca, ma che potrebbe essere tradotto meno maliziosamente come "Il Samehada e la Momojiri", visto che queste due parole dalle divertenti etimologie sono effettivamente i cognomi dei due personaggi Kurou Samehada e Toshiko Momojiri), e un GRANDE attore protagonista come 浅野忠信(Asano Tadanobu) erano garanzie più che solide!
In uno scenario montano abbastanza surreale (non penso di essere blasfemo nel dire che personalmente ho intuito dei richiami alla sequenza iniziale di Shining, di Stanley Kubrik), s'intrecciano le vite della sfortunata Toshiko, interpretata da 小日向しえ(Kohinata Shie), impiegata per l'appunto in un albergo di montagna, e dell'aitante yakuza Samehada (Asano). Toshiko vede i suoi risparmi letteralmente prosciugati dallo zio, padrone dell'albergo e suo depravato aguzzino. Stanca della sua vita insostenibile decide di rubare i soldi dell'albergo e di scappare durante una delle sue quotidiane missioni all'ufficio postale. Samehada, con un colpo di follia ruba i soldi del racket della Yakuza e fugge con un branco di variegati assassini alle calcagna. Fortuitamente Toshiko sperona con il suo fuoristrada la macchina degli inseguitori di Samehada, mettendoli fuori gioco e da quel momento comincia una fuga a due di certo non priva di colpi di scena.
Diciamolo subito: questo non è un film scontato. Tratto dal manga di Minetaro Mochizuki, adattato per il grande schermo dallo stesso regista, è un film che regala delle perle comiche indimenticabili, tradizione seguita dal più recente 茶の味(Cha no Aji - Il Sapore Del The). Personaggio chiave per surrealità è sicuramente il killer Yamada, interpretato dal bravissimo 我修院達也(Gashuin Tetsuya)(a proposito, ma se le pittura, le sopracciglia, o sono le sue??). Da menzionare anche i killer della yakuza, ognuno dotato di una particolare specialità (coltelli, forza bruta, olfatto sviluppatissimo etc.), ma nel complesso una massa di deficienti buoni a nulla, e pure sviluppati dalla sceneggiatura in una maniera inusuale visto che parliamo "quasi comparse". Una storia non estremamente complessa, che mi ha trasmesso una sensazione particolarissima visto il genere: "serenità". Il faccione da culo di Tadanobu Asano è fantastico e mette allegria, lo stesso personaggio interpretato da Asano è un non vuolento, come il suo ex compare e ora nemico Sawada, interpretato dall'onnipresente 寺島進(Terashima Suzumi), affezionato di Kitano (li ha fatti quasi tutti), Miike, lo stesso Ishii (Era lo spirito yakuza con la cacca in testa in 茶の味(Cha no Aji - Il Sapore Del The), Tsukamoto e chi più ne ha più ne metta. Non ai livelli di 茶の味(Cha no Aji - Il Sapore Del The), ma gradevole e piacevole, e poi che bella Shie Kohinata con quegli occhialoni e il faccino imbronciato!
鮫肌男と桃尻女(Samehada Otoko to Momojiri Onna - L'Uomo Con La Pelle Di Squalo e La Donna Col Culetto Di Pesca)
Giappone, 1998 - regia di Katsuhito Ishii

giovedì 13 novembre 2008

Go

Che senso ha un nome?
Quella che noi chiamiamo "rosa",
con qualsiasi altro nome
avrebbe lo stesso profumo.
W.Shakespeare
Dedicato a tutti coloro che pensano che il Giappone sia il paese dei balocchi.
Sugihara è un ragazzo coi capelli strambi, porta la divisa della squadra di basket della scuola, sta nel mezzo di un campo da basket di quelli belli in parquet come tutti i campi da basket delle scuole Giapponesi, e perso nei suoi pensieri rimane immobile mentre i suoi compagni e gli avversari giocano la loro partita infischiandosene completamente di lui, pure evitandolo e schivandolo nel portare a termine un'azione. Sugihara sa benissimo perchè fanno così: lui è un 在日(Zainichi), cioè un ragazzo nato e cresciuto in Giappone da genitori immigrati Coreani. Per i Giapponesi i Coreani hanno il sangue sporco. Durante un'azione la palla finisce accidentalmente nelle sue mani, i compagni di squadra si avvicinano e lo picchiano malamente per riprendere la palla. Lui la riprende, va dall'altra parte del campo e tira al canestro opposto, segnando una bomba clamorosa, e dopo impazzisce e comincia a dare calci volanti a chiunque gli stia intorno.
Un bel passo indietro e la narrazione torna a tre anni prima, quando Sugihara, vero nome "Lee", frequentava una scuola Nord Coreana e faceva il teppista con i compagni sfidando a muso duro la polizia Giapponese. Una bravata andata male lo mette a confronto col padre proprio nella stazione di polizia: il padre, ex pugile di alto livello, lo ammazza di botte tanto che persino i poliziotti si impietosiscono e lo supplicano di smettere. Questo è il padre di Sugihara. Un'educazione rigida al rispetto delle regole che apre nel ragazzo una breccia, che lo porterà a lasciare la scuola Nord Coreana per frequentare un liceo Giapponese: perchè questo, come ripete tante volte la sua stessa voce fuori campo all'inizio del film, è il racconto della sua storia d'amore, con la bellissima Sakurai.
Tema dolente e difficile per 行定勲(Isao Yukisada), il bravo regista che si è formato presso la scuola di cinema della Toho a Tokyo, ha fatto esperienza come aiuto regista di Shunji Iwai in alcuni dei suoi film (Love Letter, April Story e Swallowtail Butterfly) e nel 2004 ha sfondato dirigendo uno dei più grandi successi cinematografici della storia cinematografica Giapponese, 世界の中心で、愛をさけぶ(Gridare Amore Dal Centro Del Mondo). Ci vuole del coraggio a parlare di razzismo in Giappone. Una fetta di questo razzismo è rivolta verso i Coreani. In Giappone nonostante tu nasca in territorio giapponese, se i tuoi genitori sono Coreani tu non sei un Giapponese, ma sei un "residente speciale", un 在日(Zainichi). Gli Zainichi vivono una vita quasi in incognito, prendono un nome Giapponese e cercano di vivere una vita normale sperando che questa cosa non si sappia in giro. Shiho, la mia ragazza, lavora in un'agenzia di viaggi: lì spesso arrivano degli Zainichi che sono costretti per motivi d'immigrazione a fornire il loro vero nome, e lo staff dell'agenzia deve stare estremamente attento a fare in modo che questo nome non si divulghi, anche solo cercando di non chiamarli con quel nome in agenzia di fronte ad altri clienti. Gli Zainichi difficilmente trovano lavoro, le ragazze giapponesi sono schifate da loro per via del fatto che chiunque, dai genitori alla scuola, insegnano loro che i Coreani, come i Cinesi, sono diversi e hanno il sangue sporco. L'argomento è abbastanza vasto e lo tratterò in futuro su nicolaingiappone, è importante però dire che pur essendo la situazione ancora estremamente grave, le cose stanno lentamente cambiando.
La regia di Yukisada è sorprendentemente diversa da quella "piatta" di Sekachu, alcuni passaggi sono veramente geniali. C'è poi la superstar Kou Shibasaki che non può che mettere d'accordo tutti quanti. Il finale è uno spiraglio di luce al quale tutti noi (occidentali e nippofili) aspiriamo, nonostante purtroppo rimanga l'amaro in bocca del continuare a scoprire lati oscuri di un Giappone pieno di paradossali schifezze sociali.
Go
Giappone/Corea, 2001 - regia di Isao Yukisada

mercoledì 29 ottobre 2008

秒速5センチメートル (Cinque Centimetri Al Secondo)

Ho scoperto questo film d'animazione qualche giorno fa' mentre spulciavo l'archivio di Asianworld. Le premesse erano beneauguranti, grande risposta di pubblico, e screenshot da urlo. 秒速5センチメートル(Byōsoku Go Senchimētoru - 5 Centimetri Al Secondo) è un lungometraggio animato in tre piccole puntate: le prime due della durata di circa 25 minuti e la terza di 14. I titoli delle puntate sono: 桜花抄(Ōkashō); コスモナウト(Kosumonauto) e 秒速5センチメートル(Byōsoku Go Senchimētoru).
遠野貴樹(Tōno Takaki) è un bambino come tanti, alle elementari si affeziona ad una sua compagna di classe che si chiama 篠原明里(Shinohara Akari). La loro amicizia li rende oggetto di facile scherno da parte dei compagni. La fine delle elementari segna per loro una separazione: la famiglia di Akari infatti si trasferisce a Tochigi, mentre Takaki rimane a Tokyo. E' l'inizio di un rapporto epistolare molto intenso, e di un doloroso rincorrersi non solo fisico ma soprattutto mentale che non avrà mai fine.
L'aspetto materialmente grafico ed estetico di questa opera è assolutamente stravolgente: una realismo estenuante e puntiglioso che a mio parere si fa interpretare come una sfavillante reinterpretazione della realtà. Dovrei cercare di recuperare i precedenti lavori di questo regista, 新海誠(Shinkai Makoto) per cercare di capire dal suo percorso artistico le sue vere intenzioni. La narrazione attraverso le immagini sfavillanti che corrono nello schermo è un'organolettica esperienza che attraverso lo spazio, il tempo inteso proprio come passare dei minuti e delle ore, e le sensazioni più semplici ma vicine a noi come il freddo e il caldo, vogliono far vivere un'esperienza allo spettatore. addirittura i personaggi diventano quasi delle grezze figure che si muovono, inquadrate quasi con sommessa riservatezza o chissà cosa all'interno di un succedersi si paesaggi e panorami, ma anche close-up di oggetti del vivere quotidiano. Vista la mia poca conoscenza di Shinkai, azzardare una qualsiasi ipotesi sugli intenti di questo strano modo di vedere le cose sarebbe azzardato, ma per come la vedo io al momento, il film è una storia d'amore toccante, delicata, giapponesissima, raccontata in maniera ridondante e con estrema freddezza. Ho proprio avuto l'impressione che Shinkai volesse dire "ecco, guardate come sono bravo a fare la porta del treno", oppure "quando mai avete visto i cartelli della stazione di Shinjuku fatti così bene?"...

Si perchè il realismo è estremo, guardate i riflessi sul pavimento tirato a lucido: le scuole Giapponesi hanno proprio il pavimento tirato a lucido....

Il cestello della bicicletta ha le sue belle viti, e quelle bottiglie vuote hanno un'etichetta talmente realistica che potrebbe sembrare una foto ritoccata...

E quest'aula vuota, i banchi realisticamente disegnati in posizione imperfetta, il riflesso sul legno lucido delle sedie...

Questa strada, ne puoi vedere migliaia uguali a Tokyo, ma il riflesso dei cavi elettrici sull'asfalto e le tonalità di colore, che roba ragazzi...

Ma a che pro? Narrare una storia d'amore intermezzando centinaia di inquadrature come queste...mi ricorda il gruppo rock dei Dream Theater, sono dei fenomeni con gli strumenti, ma se la tirano troppo con il virtuosismo fino a diventare eccessivi come una torta con sopra due chili di zucchero. La chiave d'interpretazione potrebbe essere il dare al giapponese che vede il film le sensazioni che ben conosce dal suo passato, e tramite queste immagini di familiare rimembranza farlo immergere in un'atmosfera tale da generare un buon terreno di coltura per lo sviluppo di quel bel sentimento di tristezza misto a commozione che tutti i film 純愛(Jun-ai – vero amore) vogliono comunicare. La mia esperienza giapponese mi ha permesso di apprezzare questa familiare rimembranza: è bello vedere il treno della Chuo line, gli enormi corridoi della stazione di Shinjuku che più di una volta ho percorso, e il grattacielo della DOCOMO visto dal soprapassaggio sopra il ponte di Harajuku, le luci abbaglianti di un Konbini con i frigoriferi delle bevande posizionati sempre nella stessa posizione, lì in fondo nel muro opposto all'entrata. Ma per chi non conosce il Giappone, dopo i primi venti minuti sopraggiunge la noia, è inutile negarlo. Tralasciando la parte grafica, vera colonna portante del lavoro, la trama e la sceneggiatura sono approssimative, con volontarie pause e tagli in punti strategici che non fanno altro che troncare, forse volutamente, qualcosa di importante.

Penso sia estremamente educativo per chiunque voglia conoscere come ragionano 'sti Giapponesi: questo film è l'enunciazione di un concetto che da tempo sto cercando di sviluppare ed ancora adesso mi viene difficile descrivere: sono solito definirla "virtualità". I Giapponesi hanno questa innata capacità di creare nella loro mente un microcosmo che gli permette di alienarsi dalla realtà e di perseverare in ciò in cui credono: questo può essere un sentimento d'amore, l'ammirazione per un personaggio famoso, la passione per un hobby, il lavoro o la famiglia. Per quanto riguarda i sentimenti amorosi, l'alienazione dalla realtà è talmente forte che anche a distanza dalla persona amata, anche se non corrisposti, uomini e donne coltivano dentro il loro cuore un amore talmente sconfinato da essere distruttivo. Ma quando i nodi arrivano al pettine, quando si passano cinque anni di scuola superiore a guardare una ragazza o un ragazzo e scrivere a questa persona lettere d'amore, e ci si deve dichiarare (perchè è ora di andare all'università), stanno zitti. Perchè fanno così? Un sentimento covato troppo a lungo diventa polvere di stelle che vaga isterica per l'universo, la mitizzazione e l'adorazione portano all'alienazione e il contatto con la realtà è distrugge un fragile guscio già svuotato al suo interno dalla suddetta polvere di stelle. La realtà è talmente brutta, che è meglio continuare a sognare.

秒速5センチメートル(Cinque Centimetri Al Secondo) è un esercizio di stile a tratti stucchevole ma bellissimo, e una storia estremamente "Giapponese" che non soddisfa di certo un non Giapponese.

秒速5センチメートル(Byōsoku Go Senchimētoru - 5 Centimetri Al Secondo)

Giappone, 2007 - regia di 新海誠(Shinkai Makoto)

mercoledì 22 ottobre 2008

Undo (アンドゥー)

In ordine cronologico, il primo "mediometraggio" di 岩井俊二(Shunji Iwai), che sarà seguito nel 1996 da ピックニック(Pikkunikku - Picnic) e nel 1998 da 四月物語(Shigatsu Monogatari - April Story).
Yukio e Moemi sono una giovane coppia. Yukio, sapendo che la moglie desidererebbe possedere un cane, ma essendo cosciente del fatto che l'appartamento in cui vivono non sia adatto ad accogliere un animale come un cane, e neanche un più piccolo gatto, porta a casa due tartarughe. Moemi non apprezza la decisione del marito ma lo asseconda. La vita matrimoniale non è certo il massimo per Moemi, che passa le giornate ad aspettare che il marito si stacchi dal computer sul quale lavora. Un giorno Yukio trova le tartarughe che camminano per il pavimento di casa col guscio completamente avvolto da una trama di fili bianchi, la lana con cui la moglie confeziona dei lavori a maglia. Poi va nella libreria per cercare un libro, e si accorge che alcuni libri sono stati legati allo stesso modo; prende le forbici per rompere i nodi, ma anche le forbici sono intasate di una matassa di fili bianchi. Yukio si accorge che c'è un problema (ed era ora) quando vede la moglie che lo guarda in cerca di aiuto con le mani completamente annodate dalla lana del vestitino che confezionava, ormai distrutto da una furia insipegabile. Si recano da uno psicologo, che dice a Yukio che potrebbe essere un disturbo dato da qualche problema nella vita amorosa. Yukio cerca di porre rimedio a ciò, ma complica sempre più le cose fino a che la situazione non sarà più recuperabile.
Il film è estremamente breve, solo 47 minuti, ma come Iwai mi ha insegnato coi suoi successivi mediometraggi, è un tempo più che sufficiente per comunicare ciò che si vuole comunicare, se lo si sa fare. Iwai è forse il maggiore genio sperimentatore del cinema giapponese contemporaneo, non un visionario nè un genio folle, ma pragmatico comunicatore di realtà.
In "Undo", Iwai utilizza una giovane coppia per parlare dei problemi della coppia moderna, ma più in particolare a mio modo di vedere della coppia Giapponese. La genialità di questo film sta nel rendere gli avvenimenti vissuti da questa coppia una metafora della parabola discendente della coppia giapponese tipo. La vita di coppia in Giappone fa schifo, oltre al lavoro che impegna la maggior parte del tempo dell'uomo, e recentemente anche della donna, c'è un'assoluta disparità di considerazione e rispetto tra il sesso maschile e quello femminile. In Giappone nella maggior parte delle famiglie è l'uomo a comandare e a prendere le decisioni, e la donna è l'assegnataria dei lavori domestici, oltrechè della crescita dei figli. In Giappone, la donna deve addirittura utilizzare delle particolari forme verbali per addolcire il suo linguaggio. Il dialogo è ridotto a zero. Pur accennando questi aspetti, come ad esempio la decisione di Yukio di prendere le tartarughe come animali domestici, la disperata pulsione dell'uomo giapponese di "prendere la decisione a suo parere migliore per la famiglia" senza considerare invece i sentimenti dei componenti della famiglia stessa, Iwai non infierisce ma si concentra sulla parabola discendente dei personaggi che ha creato.
In particolare, il fuoco di questa analisi registica terribilmente clinica si concentra più che sulle cose materiali e gli aspetti della vita di coppia, nell'essenza dell'amore nella coppia e nelle intrinseche conseguenze di comportamenti che nella vita reale sono rarefatti in tanti anni di consuetudine, ma nel racconto in pochi minuti. Dopo essersi accorto della mania patologica della moglie, Yukio parla con lo psicologo che gli dice: "Forse lei sta trattenendo e limitando sua moglie", lui risponde: "No, invece la sto lasciando andare". Yukio commette il più grande errore dimostrando la sua assoluta mancanza di senso di valutazione, ma cosa ancor più grave, di sensibilità, cosa di cui molte volte si rende colpevole l'uomo giapponese, che antepone molto, moltissimo alla compagna ed alla costruzione di un sano rapporto di uguaglianza per lo meno psicologica con essa.
Odio fare qualunquismo e generalizzare, ma è facile trovare dei capisaldi negativi nella vita di copipa Giapponese: oltre ai già citati comportamenti sessisti inculcati dalla società (presenza in maniera ancora massiccia di scuole maschili e scuole femminili, differenze nel linguaggio tra uomo e donna, differenze addirittura nella postura e canoni di comportamento non obbligatori ma "caldamente consigliati come opportuni" e via dicendo), vi sono dei comportamenti comuni come l'assoluta mancanza di dialogo tra coniugi, l'assoluta non partecipazione del maschio nelle faccende domestiche e nella crescita dei figli, la malata dedizione all'azienda che porta a trascurare la famiglia per opportune cene tra colleghi e pesanti bevute notturne (la mattina presto non è raro vedere dei signori in giacca e cravatta buttati come barboni sulle panchine quando va bene..).
Tutto ciò si aggiunge alla rassegnazione delle donne che accettano la loro condizione come normale anche se abominevole, e vanno avanti accettando anche cose orribili come la frequentazione dei キャバクラ(Kyabakura) da parte dei loro uomini, una pratica decisamente normale in un coppia Giapponese a giudicare da quanto ho avuto modo di conoscere: addirittura si arriva anche alla totale mancanza di dialogo, e l'uomo prende l'abitudine di andare a parlare dei suoi problemi, dubbi, insicurezze, con una ragazza che lo ascolta a pagamento, magari in biancheria intima. Ricordo fulgidamente una discussione che ebbi con una mia amica Giapponese sposata. Lei parlando di Kyabakura mi disse che tutti lo fanno, e al mio disappunto soprattutto in difesa delle stesse donne, trattate come "elettrodomestico" dagli uomini Giapponesi, lei rispose che "gli uomini Giapponesi lavorano tanto e sono terribilmente stanchi", mi disse che "non puoi capire cosa si provi e come ci si senta", e infine concluse in questo modo: "gli uomini Giapponesi hanno fatto grande il Giappone col loro lavoro, e le loro donne sono sempre state dietro di loro a supportarli". E' inutile, ti scontri con una cultura diversa dalla tua, cose che non puoi neanche lontanamente concepire si presentano davanti a te.
E soprattutto alla luce di questa mia lunghissima (ma assai breve in realtà) esposizione dei fatti sulla coppia Giapponese, e soprattutto alla luce della precedentemente spiegata rassegnazione femminile al destino infausto di nascere donna in Giappone, Iwai è una volta di più comunicatore ed esortatore di cambiamento: come in リリイ・シュシュのすべて(riri shushu no subete - All About Lily Chou-Chou) denuncia tragicamente la spirale di bullismo e prostituzione in cui molti giovani Giapponesi stanno cadendo, qui fa decisamente e costruttivamente sfigurare l'uomo Giapponese, e dà alla donna del suo film una facoltà della quale la donna comune si priva: la facoltà di valutare, e scegliere.
La bravura degli attori, 豊川悦司(Etsushi Toyokawa) e 山口智子(Tomoko Yamaguchi), e impressionante, basta vedere la naturalezza con la quale si toccano ed interagiscono sessualmente, la fotografia è da scuola di cinema e le scenografie geniali come nel miglior Tsukamoto. Assolutamente da vedere.
Undo (アンドゥー)
Giappone, 1994 - regia di Shunji Iwai

lunedì 20 ottobre 2008

スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki) (UPDATED)

“Un film poco impegnato”. Con questo spirito ho intrapreso la visione di questo lavoro di 深作健太(Kenta Fukasaku), figlio dell'immenso 深作欣二(Kinji Fukasaku), uno dei migliori registi che il Giappone abbia mai avuto. Kenta, come primo lavoro di una finora anonima carriera registica, con risultati non esaltanti ha preso le redini di バトル・ロワイヤルII - 鎮魂歌(Battle Royale II - Requiem), rimasto incompleto a causa della morte del padre che lo aveva iniziato,, e ha parteciparo come autore al primo バトル・ロワイヤル(Battle Royale). Come ho assistito con scetticismo alla proiezione del primo film del figlio di Miyazaki, anche in questo caso di certo l'attesa non era alle stelle come per un film di Kinji.
和田慎二(Shinji Wada) col suo manga スケバン刑事(Sukeban Deka - La capo-banda detective) del 1979 ha iniziato una serie di successo che si è tradotta nella produzione di 3 serie televisive, diversi manga omonimi, un anime e tre film di cui questo è il più recente, tutti con protagoniste belle ragazze in divisa scolastica armate di yo yo. Il primo di questi si intitola スケバン刑事(La Capo Banda Detective), del 1987, diretto da 田中秀夫(Hideo Tanaka), il secondo si intitola スケバン刑事 風間三姉妹の逆襲(Sukeban Deka, Il Contrattacco Delle Sorelle Kazama), del 1988, sempre dello stesso regista, e l'ultimo è quello in questione, del 2006. Lo sceneggiatore 丸山昇一(Shōichi Maruyama) ha preso un pò di libertà nell'adattare il soggetto di Wada, e il film assume dei toni assai diversi da quelli dei precedenti, rendendo pure il titolo quasi inadatto: スケバン(Sukeban) in giapponese vuol dire "ragazza delinquente delle scuole superiori": la nuova Asamiya Saki pur avendo sempre lo yo yo è invece una specie di aborto di agente segreto alla Jason Bourne (per chi ne conoscesse la trilogia...). Si insomma dalla locandina si vede una bella ragazza in divisa che se la tira con uno yo-yo, ho pensato ad un altro di quei film dementi d’avventura con procaci ragazzine come protagoniste, che tra una vicissitudine e l’altra magari mostrano, che so, le mutandine, ma solo pochi secondi. I giapponesi sfornano di questi film a ritmo continuo, molti scadono nel soft porno, e molti non superano la distribuzione nazionale nelle peggiori videoteche di Akihabara.
スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ(Sukeban Deka: Coodo neemu= Asamiya Saki) comincia bene: una ragazza tumefatta da milioni di botte cammina barcollando per le strade di センター街(Center-gai), a 渋谷(Shibuya), con la sua divisa scolastica e sotto la giacchetta color khaki una bella cintura esplosiva con un timer che segna un tempo allarmantemente breve. La ragazza è spacciata, mille telecamere la riprendono (in effetti la quantità di telecamere di sorveglianza a センター街(Center-gai) è allucinante), e dietro di esse c’è il suo carnefice. Proprio mentre si accinge a barcollare per il Shibuya crossing, con un ultimo sforzo allontana i passanti per provocare i danni minori. “Bum” in stop motion. Da un’altra parte chissà dove in un enorme corridoio sotterraneo una squadra di poliziotti scorta una specie di barella tipo “Il silenzio degli Innocenti” con sopra anziché Hannibal Lecter una ragazza (un'irriconoscibile 松浦亜弥-Aya Matsura) dallo sguardo minaccioso completamente legata come fosse un dinosauro. La ragazza è stata catturata a New York, è figlia di una signora Giapponese che è stata catturata nello stesso posto per sospetto spionaggio. Gli agenti e il detective Kira Kazutoshi (un 竹内力(Riki Takeuchi) in splendida forma) faticano non poco per domare la ragazza che mostra una forza incredibile e un addestramento in grado di farle tenere testa a diversi energumeni, e ci riescono solo ricattandola e promettendole di intervenire presso gli USA per il rilascio della madre. La ragazza dovrà infiltrarsi in una scuola superiore e far luce sugli eventi che hanno portato alla morte della ragazza-bomba a Shibuya e dovrà capire a cosa si riferisce il count-down che campeggia nella home page di un sito internet, l’”Enola Gay”, che a quanto pare istiga i giovani alla violenza e al suocidio e insegna a confezionare bombe. Alla ragazza viene data una strana arma, uno yo-yo, una divisa scolastica e un nome, Asamiya Saki. Sembra che l’“Enola Gay” abbia una qualche connessione con la scuola. Saki trova una situazione non rosea nell’istituto, in particolare vi sono episodi di bullismo estremo ed una delle tante persone ad essere presa di mira è Tae Konno. Saki attraverso l’amicizia con Tae riuscirà a sbrogliare una bella matassa di casini fino a trovarsi di fronte a qualcosa di più grande di quello che ci si aspettava.
Tanta carne al fuoco: teen movie con toni cupi e violenti, il tema scottante del bullismo giapponese, hero-movie con ragazzina in divisa, e trama intricata con cattivoni a non finire. Certo l’autore Shinji Wada e gli sceneggiatori che hanno adattato questo racconto non cazzeggiano come gli sceneggiatori di “Boris”, ma ogni tanto mi chiedo se non sia davvero troppo arrivare a questi livelli. Il divertimento certo non manca: 松浦亜弥(Aya Matsura) che interpreta Saki è davvero carina, e di sicuro non fa fatica a riesumare il caratterino imbronciato e saccente mostrato nel film 青の炎(Ao No Honō - La Luce Blu), 2003, diretto da Yukio Ninagawa. Diciamo che in tutto il film interpreta un’eroina che continua a fare una faccia da cattiva assolutamente poco credibile col suo visino angelico: è un po’ impacciata nelle prime ore del suo incarico, la figura di merda nel centro commerciale, quando usa per la prima volta lo yo-yo e memorabile, e solo alla fine, contro il mostro finale diventa tutto ad un tratto incredibilmente esperta della pericolosa arma. Tamarrissima, con la sua divisa alla marinaretta blu scuro, lo yo-yo appeso ad una giarrettera sulla sua candida coscia di scolaretta e l’ombrello rosso entra a scuola, dove tutti hanno una divisa khaki e l’ombrello bianco, come per dire “Ehi sono infiltrata in questa scuola, venitemi a prendere”. I super risvolti umani del suo carattere e il suo passato sfigatissimo la rendono umana e va bene così, se solo non se la tirasse così tanto! Fantastico quando decide di indossare la divisa da combattimento, che fa il verso a quella di Zebraman (2004, di Takashi Miike), ma con il foulard rosso a richiamare la scolaretta.
Ma se si vuole vedere oltre la demenza propria richiesta dall’audience Otaku con la quale i produttori giapponesi devono per forza rapportarsi, questo film ha dei contenuti molto profondi, importanti e coraggiosi: la denuncia del bullismo e la denuncia della pessima abitudine di professori e presidi di infangare la cosa: non avevo mai visto un’esposizione così esplicita del problema in tutta la mia carriera di nippo-cinefilo (Senza contare la più psicologica e claustrofobica visione data da Shunji Iwai in リリイ・シュシュのすべて (Tutto Su Lily Chou-Chou).
Nelle scuole giapponesi, quelle vere, con il campo sportivo che si trasforma in una palude in primavera quando piove, non arriverà mai una Asamiya Saki con le coscie all’aria per salvare tutti: le ragazze continueranno a chiudersi in bagno per tagliarsi le vene, i ragazzi si chiuderanno in casa per non uscirne, i perseguitati saranno vittime eterne della loro debolezza e i persecutori saranno vittime eterne di essi stessi, in una spirale che finirà con il diploma, per cedere il posto all’incubo successivo in una società estremamente omertosa, non compiacente ma imbarazzata nel constatare che la vita va così e basta, e non si può cambiare. Chiunque o quasi (Shiho sembra essere fin’ora l’unica che ho conosciuto a non avere avuto esperienza di bullismo a scuola) è stato vittima, o persecutore, la via di mezzo è solo il silenzio, perché farsi notare, come vittima, persecutore, spione, attivista, brutto, bello, bravo, non bravo, o come uno che dà nell’occhio, significa uscire dall’anonima massa silenziosa e laboriosa ed esporsi come camminare nudi in mezzo alla strada. Il Giappone non perdona chi esce dalla massa e chi si comporta in maniera diversa da come ci si dovrebbe comportare. La redenzione può arrivare solo passando al livello successivo della vita settoriale dell’individio giapponese: dalla giovinezza alla fase adulta, dalla scuola all’università, dall’università al lavoro. Spero che un giorno possa esistere una fine a questo inferno. Questo è uno dei motivi per i quali i Giapponesi odiano il Giappone, e vogliono solo fuggire.
Se visto da questo lato, スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki) è un film delicatissimo ed estremamente attento alla problematica. È impossibile non affezionarsi al personaggio di Tae Konno e il film per fortuna non infierisce, infatti almeno qui non muore nessuno!

A tutti coloro che sognano di avere una fidanzata giapponese: guardate questo film, realizzate che il Giappone è un inferno per i meno forti, e salvate questi angeli: portateli via di lì!
スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki) è un film esagerato, tamarro, otaku, ma anche divertente ed interessante, e in qualche modo coraggioso, e agli sceneggiatori va il merito di aver aggiornato ad oggi le tematiche giovanili che ne interessano i protagonisti che rimangono forse l'unica parte realistica di questo lavoro.

UPDATE: E per la gioia dei suoi fan ecco Riki "belli capelli" Takeuchi in una scena del film...


スケバン刑事 コードネーム=麻宮サキ (Sukeban Deka: Koodo Neemu= Asamiya Saki - La capo-banda detective. Nome in codice: Asamiya Saki)

Giappone, 2006 - regia di 深作健太(Kenta Fukasaku)

giovedì 16 ottobre 2008

金融破滅ニッポン 桃源郷の人々 (Il Giappone in rovina finanziaria: gli abitanti di Utopia)

Ad Osaka, nelle rive di uno dei mega fiumi che attraversano la città sfociando nel mare interno, c'è un villaggio di senzatetto, come tanti, chiamato Utopia. Una notte un camion si ferma sull'argine e comincia a riversare rifiuti sul terreno del villaggio. Gli abitanti del villaggio non riescono a farsi valere nei confronti dei violenti addetti che conducono il camion, se non fosse per l'intervento di un uomo arrivato dal nulla, che finge di essere un poliziotto pur non essendo intenzionato a farlo, e caccia via i violenti. Gli abitanti del villaggio festosi chiamano il capo-villaggio (interpretato da Sho Aikawa), e accolgono il nuovo arrivato, Kuwata, che si stabilisce tra loro. Intanto da qualche parte in città, una tipografia è sull'orlo del fallimento a causa del fallimento di una delle sue principali aziende clienti, e il suo proprietario signor Umemoto (Yuu Tokui) non trova altra strada che il suicidio. Una fortuita circostanza, cioè una piccola guerra yakuza tra il villaggio e una scapestrata banda di yakuza in scooter porta Umemoto a conoscere il villaggio. Il capo villaggio e Kuwata, che sembrano avere più di una qualità nascosta e un passato ancora più nascosto, decidono di aiutare Umemoto a riavviare la tipografia attraverso un'operazione non proprio legale.
Anche il Giappone non è esente da problemi di questo tipo, e pur nonostante la comune pratica di scuse pubbliche diretta televisiva (fanno persino il replay degli inchini) ci sono i fallimenti, e gli imbroglioni (anche se l'Italia è ai primi posti nel mondo..). L'aspetto più importante da mettere in risalto per spiegare questo film è che in Giappone il fallimento finanziario è una cosa gravissima, non necessariamente per le conseguenze implicite, ma per l'immagine personale di chi vi è coinvolto, della sua famiglia e dell'azienda. Ecco perchè Umemoto è talmente disperato da suicidarsi, e pensare che in Italia il fallimento è una pratica normale per far quattrini. In giappone se fallisci metti nella merda la tua famiglia, i tuoi figli e le generazioni a venire che portano il tuo cognome, questo si traduce nell'impossibilità di accendere mutui o richiedere prestiti, di aprire un'impresa o una qualsiasi attività ecc.
Miike con questo film vuole provocatoriamente comunicare l'ottimismo, ma un'ottimismo beffardamente possibile solo pensando ad una truffa che possa mettere di nuovo apposto le cose. Di certo Osaka e l'allegria e diversità dei suoi abitanti sono i soggetti più adatti, in Giappone, per provare ottimismo, difficilmente vedrei questo film ambientato a Tokyo. E soprattutto nel Giappone odierno l'ottimismo, il poter vivere felici senza denaro in un accampamento fatto di rottami, il poter riuscire a risanare i debiti, il poter ricostruire qualcosa, sono solo Utopia, come il nome del villaggio.

金融破滅ニッポン 桃源郷の人々 (Kinyû hametsu Nippon: Tōgenkyō no hito-bito - Il Giappone in rovina finanziaria: gli abitanti di Utopia)

Giappone, 2002 - regia di Takashi Miike

domenica 12 ottobre 2008

手紙 (Tegami)

Ero nella cabina di una nave che da Cagliari mi portava a Civitavecchia. Avevo con me il computer, i miei film giapponesi in attesa di essere guardati, e un sacco di tempo a disposizione. Così ho scelto Tegami: apprezzato dalla maggior parte delle critiche che ho letto a riguardo, non mi ha mai interessato eccessivamente, si annunciava un "polpettone" da lacrime, e così mille volte avevo deciso di rimandare.
Naotaka Takeshima, detto "Nao" vive la sua dura vita di operaio in una fabbrica persa chissà dove in Giappone. E' silenzioso e non parla con nessuno. Nella testa ha solo il suo passato terribilmente duro: orfano sin da piccolo, fu mantenuto dal fratello maggiore Takashi con sforzi immani. Dopo un infortunio, Takashi non fu più in grado di lavorare e preso dalla disperazione cominciò a compiere piccoli furti in appartamento. Durante uno di questi, viene scoperto dalla padrona di casa che presa dal panico urla, Takashi chiede scusa, chiede perdono ma l'anziana signora continua ad urlare e lo attacca con delle forbici. Durante la collutazione la signora rimane accidentalmente colpita dall'arma impropria che maldestramente brandisce e muore. Takashi viene arrestato e condannato per omicidio.
Nao sa che il suo passato deve rimanere segreto, assolutamente segreto. Non parla con nessuno in fabbrica e rimane schivo anche nei confronti di Yumiko, l'addetta alla mensa che gli si affeziona e gli fa una discreta corte. Nao scambia una regolare corrispondenza epistolare con Takashi, che dalla prigione scrive e scrive e scrive. Un giorno una di queste lettere viene scoperta dai colleghi di Nao. E' la fine. Il Giappone no perdona il passato di chi sbaglia, e purtroppo non lo perdona neanche ai suoi familiari, per generazioni.
Nao è appassionato di cabaret, assieme ad un amico durante le pause prova degli sketch. Nao lascia tutto, parte per Tokyo, la grande città che attira e poi ingoia i sogni di chi vi ci si affida per migliorare la propria vita. Nao comincia a lavorare in un bar, e fa qualche spettacolo dove viene scoperto. E' l'occasione giusta, va in TV. Dimentica la giovane Yumiko, l'addetta della mensa della fabbrica, e si lega ad Asami, di buona famiglia, eccezionali risorse finanziarie e ferrei valori. Il passato di Nao ritornerà, più e più volte, infliggendogli delle batoste veramente insostenibili.
Tegami è un bel film, nulla di speciale dal punto di vista fotografico, la trama è lineare, la produzione è importante e la presenza di attori come Takayuki "nano malefico" Yamada (già visto in plurimi film della Toho come タッチ(Tacchi - Touch) e そのときは彼によろしく(Sono Toki Wa Kare Ni Yoroshiku - Say Hallo For Me) e fantastico co-protagonista di Crows Zero di Miike) e di Erika "la sdentata" Sawajiri (che dovrebbe essere tornata dall'esilio inglese impostole dal cinema giapponese dopo l'ennesima stronzata da star capricciosa) lo rendono idoneo per diventare un blockbuster in Giappone, ma oltre questo niente da dire, se non rimarcare l'assoluta importanza concettuale e di denuncia sociale.
A tutti quelli che mi dicono di voler andare a vivere in Giappone, io consiglio sempre di cercare di conoscerlo meglio, perchè il Giappone non è meglio di altri paesi, pur avendo dei pregi. Ho sempre sostenuto che per i Giapponesi, il Giappone sia "l'inferno", e questo film è un altro mattone per rinforzare la mia tesi. Il Giappone è un posto dove si paga non solo in prima persona per i crimini commessi, ma gli stessi atti criminali condannano inesorabilmente i parenti, i figli, i figli dei figli. Se fallisci, i tuoi figli e i loro figli per alcune generazioni non portanno avere un prestito in banca, se un tuo parente fa qualcosa di male, perdi il lavoro, e tuo figlio viene picchiato a sangue dai compagni di scuola. Il giappone è un posto dove non si può neanche concepire il commettere un crimine, non solo per la durezza, l'iniquità del sistema giudiziario, ma anche per la stessa società che vede non solo nell'individuo colpevole ma anche nella sua famiglia la colpevolezza come male purulento da schifare e allontanare. Per questo in Giappone non ci sono crimini, e i pochi (molto pochi) che vengono commessi vengono puniti in maniera estremamente severa, fino alla pena di morte per impiccagione. Il Giappone davvero non perdona, specialmente i deboli, anche solo per un cognome malfamato. Da vedere per chiunque ami il giappone, e si vuole togliere il sushi dagli occhi.
手紙(Tegami)
Giappone, 2006 - regia di Jiro Shono

venerdì 10 ottobre 2008

スキヤキ・ウエスタン ジャンゴ (Sukiyaki Western Django)

In una terra desertica spazzata dal vento e coperta dalla polvere, la lotta tra due fazioni rivali, i bianchi ed i rossi, arriva ad un culmine risolutivo con l'arrivo di un personaggio che al solo impugnare una pistola è in grado di mettere timore al più cattivo. Penso che non ci cia altro da dire per quanto riguarda la trama....
Ma questo ci mancava proprio, la reinvenzione/interpretazione in salsa Giapponese dello "spaghetti western", che era nient'altro che una reinvenzione in salsa Italiana del western Americano. potremo chiamarlo "soba western", o come ci suggerisce il titolo, "sukiyaki western" (sia la soba che il sukiyaki sono roba da mangiare giapponese..), ma comunque di sicuro c'è che questo film è una cosa estremamente malata e dannatamente divertente. Se poi nel prologo c'è Quentin Tarantino che recita delle battute in inglese ma con accento giapponese, nel tramonto finto di un cartellone dipinto alla meglio posizionato dietro la scena, ben non si piuò che gridare al capolavoro. Si perchè questo è il settantaduesimo film del genio prolifico Takashi Miike, il quale, mentre che noi si aspettava l'uscita in home video di suddetto film, ne ha fatti altri 5 (tra cui un altro capolavoro da lacrime agli occhi che si chiama Crows Zero, presentato al FEFF10). E vi assicuro, la fantasia non gli è proprio passata!
Il film è girato in una fittizia ambientazione western, ma con architetture giapponesi, compreso un torii all'ingresso della città con appesi un paio di cadaveri impiccati. I protagonisti mangiano soba, dormono sui futon, siedono su tatami e portano un abbigliamento bizzarramente improbabile, e pur avendo nomi giapponesi vanno a cavallo, sputano per terra (donne comprese), e si ammazzano a colpi di pistola. La vera genialità a mio parere è stata nel girare le scene facendo recitare tutti gli attori in inglese. Non penso che la maggior parte di loro conosca l'inglese, visto che le battute sono pronunciate cone se fossero state imparate a memoria dopo innumerevoli ripetizioni, e poi la stessa pronuncia di alcuni vocaboli dà l'idea di una completa ignoranza dell'attore di quello che sta dicendo! Che dire, un bellissima autoironia dei giapponesi che vogliono per forza occidentalizzarsi ma che fanno ben poca strada, limitati come sono dalla lobotomia cerebrale alla quale sono stati sottoposti durante il loro periodo di crescita nel bel paese del sol levante. L'irrinunciabile impronta violenta e il sangue a spruzzi, pur essendoci non sono eccessivi, anzi diciamo che sono abbastanza rari, e qui Miike sapientemente non reitera il vortice di ripetitività e di scontata noiosità nel quale era caduta una certa cinematografia giapponese che lo stesso Tarantino, profondo estimatore del cinema giapponese, ha ironicamente caricato e stigmatizzato in Kill Bill. Un film assolutamente poco impegnato, che però pur nella scontatezza e nella inconcludenza delle battute pronunciate in un inglese scolastico non rinuncia ad una certa profondita data soprattutto dalla bravura degli attori protagonisti, soprattutto delle donne. Quando si parla di Miike, credetemi, si va sempre (o quasi) sul sicuro.

スキヤキ・ウエスタン ジャンゴ (Sukiyaki Western Django)
Giappone, 2007 - regia di Takashi Miike

lunedì 29 settembre 2008

ただ、君を愛してる (Semplicemente, Ti Amo)

Erano mesi che dovevo vederlo. Di solito guardo i film giapponesi quando faccio i turni di notte, il bello (e anche il brutto) del mio lavoro è che a volte sei lì solo per "fare presenza", quindi, computer, cup noodles e via! Le ultime notti sono state abbastanza irritanti, infatti c'è sempre un dannato volo della Myair per Bergamo che parte in ritardo: penso di non averlo mai visto partire in orario, ma sono ritardi allucinanti, parte alle 5 del mattino, o alle 4, dopo aver lasciato i passeggeri in aerostazione per 8 o 10 ore! Insomma, tra voli in ritardo, colleghi non amanti del cinema giapponese (si perchè vogliono vedere un film anche loro, ma non si ricordano che il computer è mio), non ho mai potuto mettere su questo polpettone romantico all'ennesima potenza, definito da tutti il miglior esponente del genere 純愛(Jun-ai – vero amore).
Makoto (Hiroshi Tamaki) va a New York. Dentro il bus si addormenta (magari è per il fuso orario, ma comunque i giapponesi si addormentano in qualsiasi mezzo pubblico...) e una lettera gli cade dalla mano. Una graziosissima bambina di colore la raccoglie, lo sveglia in un dolcissimo malo modo e gliela riconsegna augurandogli Buon Natale, si perchè siamo in America e sono tutti buoni (...)! La lettera è di Shizuru Satonaka (Aoi Miyazaki), una ragazza che ha conosciuto all'università, e che ora tiene una mostra fotografica nientemeno che nella grande mela! Makoto sorride, guarda fuori dal finestrino del pullman che guardacaso attraversa uno dei panorami più belli della città, ed inizia la storia, che non è ambientata a New York, ma a Tokyo!
E' il primo giorno di università, Makoto si accinge ad attraversare la strada, ma vede una ragazza, all'incorcio, che si sbraccia perchè qualcuno la faccia passare. Una ragazza parecchio strana, vestita come una bambola di pezza, buffi occhiali da vista e dei modi davvero unici. E' Shizuru, ed è il loro primo incontro. Makoto l'aiuta ma si sente in imbarazzo davanti ad una tipa così strana e l'abbandona a sè stessa. Shizuru gli si affeziona e nasce una strana amicizia: lei è molto presa da lui, ma lui pur essendo attratto da lei bada solo all'apparenza delle cose e soprattutto al non sfigurare di fronte agli altri nostrando di avere un'amica così "stramba". Makoto è molto timido, e poi soffre di una incontrollabile paura: ha uno sfogo nel fianco destro che gli dà prurito, e fin da piccolo deve metterci una pomata che secondo lui puzza. Questa fobia lo tiene lontano da chiunque, tranne che da Shizuru che (fortunatamente per lui) soffre di una rinite cronica che riduce il suo olfatto ad un centesimo del normale. C'è poi una ragazza di cui lui è segretamente innamorato, Miyuki (Meisa Kuroki), forse la ragazza più bella della terra, ma lei sembra presa solo dall'invadente gruppo di amici di cui fa parte. Incredibilmente le cose si evolveranno inaspettatamente per Makoto e Miyuki, e Shizuru pur rimanendone sconvolta, troverà, a modo suo, il modo di conquistare Makoto.
Ogni volta che mi accingo a guardare un 純愛(Jun-ai), mi sento estremamente attratto ed impaziente di vedere quale dannato intreccio troveranno gli sceneggiatori per distruggere lo spettatore. ただ、君を愛してる (Tada, Kimi Wo Ai Shiteru - Semplicemente, Ti Amo), è un film bastardo, si è proprio bastardo dentro. E' estremamente equilibrato in ogni suo aspetto, il ritmo è abbastanza veloce e non si attarda mai in inutili fronzoli, pur essendo esso stesso un "fronzolo gigantesco". Devo dire con tutta sincerità che ho scoperto un'attrice davvero d'eccezione, interpreta Shizuru e si chiama 宮崎あおい(Aoi Miyazaki), classe 1985, ragazza modello super impegnata nel sociale. La Miyazaki, per lo meno in questo film, ha un talento che ha del sovrannaturale nel rendere un personaggio come quello di Shizuru: avrà sicuramente avuto dei forti crampi ai muscoli facciali per fare quelle continue smorfie da bambina piccola, ma quando sorrideva mostrando una gioia ed innocenza incredibilmente vere e cominciava a correre in circolo come una forsennata, mi sembrava di poter ricevere quella stessa gioia, e quando qualcuno la faceva soffrire, che peso nel cuore! La bravura della Miyazaki sta nell'interpretare un personaggio che a tutti gli effetti potrebbe essere una macchietta, una caricatura, e di non farlo sembrare tale dandogli verità e concretezza. Eh si, questi sceneggiatori e produttori giapponesi sono dei bastardi e hanno dalla loro parte delle armi segrete che stupiscono sempre! Per quanto riguarda lui, 玉木宏(Hiroshi Tamaki), è il solito "bonazzo" giapponese che fa il maldestro. Una menzione deve obbligatoriamente andare a 黒木メイサ(Meisa Kuroki), l'antagonista di Shizuru, è veramente bella, sono senza parole, forse troppo bella per il film, un taglio d'occhi talmente affilato da far male, e dei denti di un bianco porcellana abbagliante, insomma è una perfezione che induce quasi antipatia, e forse è questo il vero intento dei produttori del film.
Come al solito il brutto di un intreccio narrativo complesso è che non si può raccontare molto della trama, ma vi posso dire che questo film, pur dissimulando sè stesso in una semplice storia d'amore, purtroppo non sfugge alla regola che rispettano tutti i film d'amore giapponesi (che sa di cosa parlo, capirà, chi non lo sa invece capirà quando guarderà il film). Non è cattivo come 世界の中心で、愛をさけぶ(Sekai No Chushin De, Ai Wo Sakebu – Crying Out Love In The Center Of The World), ma preparatevi a piangere. E se siete depressi, scoratevelo! Non posso negare che sia un film veramente splendido, uno dei migliori che abbia visto quest'anno.

ただ、君を愛してる (Tada, Kimi Wo Ai Shiteru - Semplicemente, Ti Amo)
Giappone, 2006 - regia di Takehiko Shinjo

domenica 28 settembre 2008

女子競泳反乱軍 (Giovani Nuotatrici ribelli)

O come splendidamente tradotto dai distributori (sicuramente Cina o Hong Kong), "The girls Rebel Force Of Competitive Swimmers". Se abbiamo visto questo film, il merito è del grande Torakiki, al quale va il premio "miglior selezionatore di film incredibili". Si perchè 女子競泳反乱軍(Joshi kyō eihan rangun - Giovani Nuotatrici ribelli) è veramente un film incredibile, almeno agli occhi di un occidentale! Storia: Una ragazza nuota in una piscina di una scuola superiore giapponese, sembra che qualcuno o qualcosa di terrificante le si avvicini, ma sembra anche che non ci sia niente, ma c'è una musica terrificante quindi ci dev'essere per forza qualcosa che le si avvicina, ma lei continua a nuotare, l'acqua per fortuna e trasparente e anche dalle inquadrature si vede proprio che non c'è niente..allora comincia a fare rana...si insomma, bimba, non senti che il regista ha messo una musica terrificante? Perchè fai rana? E' come entrare in una macchina che non si accende quando sei inseguito da qualche mostro in un film dell'orrore, è come entrare in una cazzo di porta in cui non devi entrare in una casa dell'orrore!! Se fai rana, quando emergi ad ogni bracciata potresti trovare qualcosa davanti a te, e poi sei pure in Giappone dove ci sono quei cazzo di spiriti coi capelli in faccia, EHI! E infatti, BAM, una faccia imbecille per niente spaventosa le appare davanti ad una bracciata di rana, ma, più che spaventata dalla "terrificante" visione che le si è "terrificantemente" materializzata davanti, la ragazza sembra più spaventata da una ciocca di capelli che le si è attaccata alla mano. Si insomma, io ho lavorato per quattro anni come instruttore di nuoto, e ho fatto nuoto per una buona parte della mia vita, e potrei intrecciare almeno cinque tappeti persiani coi capellli che vedevo sul fondo delle vasche, ma che ti spaventi, scema? Ma non è finita, perchè il terribile spavento e la famigerata ciocca di capelli ritorneranno, nel finale del film! E intanto una terribile maledizione sta per piombare sulla scuola!
Aki, una bella ragazza (...) si trasferisce in questa nuova scuola, nessuno la conosce, nessuno sa da dove viene. All'improvviso tutti cominciano a tossire, c'è un virus nella scuola! Arrivano dei medici, tutti a fare il vaccino! Ma le cose si mettono male, il virus trasforma le persone in mostri che squartano e uccidono, ma pur essendo verdastri e abbastanza lenti e goffi questi mostri non sono zombie, anzi hanno una loro intelligenza e utilizzano anche delle "sottili" astuzie per fregare le loro vittime (vedi la professoressa d'inglese...). Tutti sembrano essere colpiti da questo virus tranne le ragazze del club di nuoto, che guidate da Aki e dalla sua "amica fraterna" Sayaka interverranno per cercare di salvare la situazione.
Durata infima (78 minuti), prodotto solo per l'home video, 女子競泳反乱軍 è rivolto ad un esigente pubblico maschile. La caratura artistica delle protagoniste infatti è spia di un'attenta selezione in fase di casting. La trama della storia si evolve in un crescendo di emozioni e colpi di scena, fino ad un tragico e struggente finale dove si capisce il vero senso della battaglia che queste ragazze, nel loro piccolo paladine della libertà, portano avanti per salvare il loro piccolo mondo.
Bando alle stupidaggini, penso abbiate capito che questo film è un soft porno cammuffato da zombie movie: la protagonista Aki, interpretata 範田紗々(Sasa Handa), anno 1985 e già due enormi tette rifatte, è sempre col petto di fuori, e la sua amicizia con Sayaka, interpretata da 日高ゆりあ(Yuria Hidaka) è un'appetibilissima soft-lesbo story confezionata giust'appunto per gli esigenti spettatori e affezionati del genere, che "tra un divertimento e l'altro" trovano un buon intrattenimento in sgozzamenti, sangue a litri, teste mozzate con colonne vertebrali ancora attaccate, e tantissimi luoghi comuni della soft-pornografia giapponese, che a citarli tutti dovrei passare dei giorni.
C'è da dire che questo film è veramente interessante per i nippofili occidentali perchè è un vero film Giapponese fatto per Giapponesi: per quanto riguarda la parte horror, è quel tipo di cinema che Quentin Tarantino scimmiotta, e che ormai alcune case giapponesi producono quasi come sterile imitazione di sè stessi solo per l'esportazione in occidente, visto che ormai il sangue a spruzzi fa troppo giapponese...
Ah, volevate sapere di quella paurosissima ciocca di capelli che si attacca alla mano della ragazza all'inizio del film? Non so, ma vista la totale incoerenza di tale avvenimento con la trama, potrebbe essere l'anteprima di un sequel (o di un prequel)...oppure qualcuno dormiva in fase di montaggio...

Le ragazze pronte alla guerra, non tutte con una posa agguerrita, ma a noi non interessa, basta che ci sia la "diga"!!

Sayaka ed Aki in una scena di sopracitato amore fraterno e "tette all'esterno"...

E come potevo non citare l'arma definitiva, la pinnetta da nuoto con lame a molla (avvertenza, non è letale se non è portata da una ragazza sexy)

Che dite lo traduco?

女子競泳反乱軍(Joshi kyō eihan rangun - Giovani Nuotatrici ribelli)

Giappone, 2007 - regia di 川野浩司(Kōji Kawano)

スウィングガールズ (Swing Girls)

Un'altra notte da passare a lavoro. Non ne faccio molte, per dire la verità, una o due al mese, ma almeno che non accadano episodi "particolari", sono più che altro otto ore da passare svegli: per la fame c'è sempre disponibile una confezione di Cup Noodles. Per la mente, visto che la connessione ad internet non è disponibile se non in wireless a prezzi esorbitanti, ci sono le decine di film Giapponesi che ancora attendono di essere visti. Ora arriva il difficile: è possibile che arrivi un collega o una collega che voglia passare delle ore con te, allora dice "oh, bello, hai il computer, guardiamo un film?"...io avevo in mente di guardare un impegnativissimo polpettone tragico-romantico della durata di 6 ore, ma se gli sottopongo una cosa del genere, minimo muore nell'ufficio, e devo anche pulire. Si perchè le persone "normali" quando sentono l'aggettivo "giapponese" hanno un solo disco dentro, nella loro mente, che dice "banzai, yattà (nel senso del calcio volante alla Bruce Lee che poi non era neanche Giapponese ma-fa-lo-stesso), sushi" etc. Poi mi dicono, "ma in lingua originale?", io rispondo "Si ma coi sottotitoli". Se sei fortunato dicono "ah" con faccia schifata, e se sei sfortunato ti chiedono, orgogliosamente ironici e superiori della loro occidentalità: "e i sottotitoli sono in Cecoslovacco?". E così un'ora della tua notte è già andata via. Poi arriva la scelta del film: molte volte scelgo di rivedere degli autentici capolavori, ma giusto per cercare di convincere il mio compagno d'avventura notturna della bellezza del cinema Giapponese: tipo la volta che ho messo l'incommensurabile 誰も知らない(Dare Mo Shiranai - Nobody Knows), di Hirokazu Koreeda per una mia collega, e lei dopo qualche minuto era già addormentata. Allora tra cambiare il film e cazziare la collega o il collega traditore passa un'altra mezz'ora. Insomma, siamo lontani dal Far East Film Festival, dove se ami il cinema orientale non sei un extraterrestre: l'altro giorno avevo questo スウィングガールズ (Swing Girls), pronto da vedere (beh in effetti ne avevo già visto 15 minuti nel turno notturno precedente ma sempre a causa di "addormentamento di compagno di visione" l'avevo interrotto) e così ho detto al mio collega Michele " Ti faccio vedere un film leggero".
Siamo nella prefettura di Yamagata, in mezzo al nulla del Giappone nord-occidentale, sulla costa del Mar Del Giappone. Tomoko Suzuki e altre sue coetanee assistono assonnate ed accaldate ad un terrificante corso estivo di recupero di matematica. Nel cortile scolastico intanto (quelli fatti con lo stampino, con lo sterrato incolto di erba bassa a macchie e a volte teppisti che scorrazzano in moto) c'è il pullman della banda musicale scolastica che si accinge a partire per il supporto di una partita della squadra di baseball scolastica. Dopo qualche minuto dalla partenza arriva un furgoncino del catering col pranzo per la banda. Le ragazze dall'aula assistono alla scena e convincono il professore di matematica (interpretato dal mitico Naoto Takenaka) a lasciarle libere per portare i bento alla banda. Alcuni imprevisti fanno in modo che le ragazze arrivino in ritardo al campo di baseball, consegnando i bento che nel mentre si sono guastati con la calura estiva: la banda finisce all'ospedale per dissenteria, e così l'unico superstite, lo sfigato che non aveva ricevuto il pranzo, all'anno Takuo Nakamura (interpretato da Yuta Hiraoka), cerca di convincere le "scazzatissime" ragazze del corso di matematica a prendere in mano gli strumenti per supplire all'assenza della banda. Da qui il film diventa il classico film di "apprendimento di cosa impossibile, batoste e sofferenze inenarrabili nel mezzo, e successo incredibile finale".
Riesce difficile abituarsi alle smorfie di Juri Ueno, la protagonista, ma con un buono sforzo si può andare avanti, la recitazione generale stenta a prendere quota se non ci fosse Naoto Takenaka (per dirvene una, l'addestratore di delfini di Waterboys) a salvare la situazione. Vi sono delle scene davvero esilaranti, e la curva di apprendimento delle ragazze s'impenna clamorosamente e in maniera davvero imbarazzante nel finale, che si salva e salva il film con una scena davvero coinvolgente. Come avevo detto a Michele, "un film leggero". A Michele è piaciuto!

スウィングガールズ (Suingu Gaaruzu - Swing Girls)

Giappone, 2004 - regia di Shinobu Yaguchi

そのときは彼によろしく (Say Hallo For Me)

Non sarei mai stato interessato a questo film, se l’attrice protagonista non fosse stata Masami Nagasawa. Diciamo la verità, la sua fama in giappone ha ormai raggiunto livelli stratosferici, un recente sondaggio tra gli uomini Giapponesi l’ha decretata la “donna ideale”, per “la sua forza d’animo e per l’impegno che mette nello svolgere ogni compito le venga affidato”. Io aggiungo pure che i bravi ometti giapponesi l’hanno votata perché è proprio carina, e nelle loro menti giapponesi una donna che mette impegno nel fare le cose è gia una cosa ottima (per loro il “fare qualcosa” riferito ad una donna significa principalmente pulire casa, crescere i figli e cucinare, per il resto poi ci sono sempre le ragazze dei kyabakura…), se poi è carina, beh ancora meglio! Poco importa che la ragazza abbia appena 21 anni e che magari abbia in mente qualcos’altro, per il momento…direi “povera”, ma coi soldi che guadagna ci può anche stare…ma è proprio un amore…
E parlo così perché da quando l’ho vista così messa male in 世界の中心で、愛をさけぶ(Sekai No Chushin De, Ai Wo Sakebu – Crying Out Love In The Center Of The World) mi ci sono particolarmente affezionato. Tenendo conto del fatto che secondo la tradizione Shintoista l’amore perfetto sia quello coronato dalla morte di uno o di entrambi gli amanti, che pone un sigillo di eternità e immortalità ad un sentimento che in tal modo non potrà mai morire, ci può anche stare che Isao Yukisada (sull’idea di Kyoichi Katayama e del suo bestseller) l’abbia così maltrattata, …povera piccola, e devo prendere atto del fatto che sia in Touch (2005), che in Rough (2006), le persone che le stavano attorno abbiano subìto destini per lo meno “dolorosi”, se non peggio… E se Masami Nagasawa portasse sfiga? Preso da un sentimento di odio verso Mamma Toho e subendo le percosse di un amore, il mio per lei, ridotto a brandelli, mi accingevo a tradurre questo film, e cosa vedo nella primissima scena? La mia Masami Nagasawa in un letto d'ospedale che versa in uno stato di profondissimo coma, con al suo capezzale due ragazzi che si spaccano di lacrime come avessero le emorroidi… e vai col dolore!!
Eh si, il film inizia proprio così: In una stanza d’ospedale, Suzune Morikawa giace in uno stato di coma profondo, causato da una rara malattia che porta il paziente ad un sonno profondo che si trasforma in coma, e poi ne causa il decesso. Nella stanza l’osservano due suoi amici d’infanzia: Satoshi Toyama, interpretato da Takayuki Yamada, e Yuji Igarashi, interpretato da Takashi Tsukamoto. La storia allora compie un flashback fino all’infanzia dei ragazzi, per districare una complicata matassa fatta di dolore, tragedie inenarrabili, che ha portato alla situazione attuale. La vicenda poi si evolverà prendendo strade assolutamente inaspettate, fino ad un finale veramente poco scontato e addirittura sensazionale per il trend del genere.
Purtroppo è difficile raccontare qualcosa della trama di questo film perché la compenetrazione dei filoni narrativi renderebbe l’impresa assai spoiler. Ma posso dire che, dopo la visione di questo film, sarete coscienti anche voi del fatto che, grazie alla Toho, qualsiasi persona venga a contatto dei personaggi interpretati da Masami Nagasawa, finisca per lo meno all’ospedale…
Una certa critica ha ribattezzato questo tipo di film col termine 純愛(Jun-ai – vero amore), e sicuramente i maggiori esponenti del genere sono ただ、君を愛してる(Tada, kimi wo ai shiteru - Semplicemente Ti Amo, Titolo inglese "Heavenly Forest"), del 2006, regia di Takehiko Shinjo; il già citato Sekachu; タイヨウのうた(Taiyō no Uta - La Canzone Del Sole), del 2006, regia del giovanissimo Norihiro Koizumi (in questa foto con me, Weltall, e Rosuen) fresco vincitore del Far East Film Festival 10 con ガチボーイ(Gachi Boy); いま、会いにゆきます (Ima, Ai ni Yukimasu – Ora vengo per incontrarvi), titolo inglese “Be With You”, e via dicendo. Anche “sonokare”, come puntualmente ribattezzato in Giappone, è frutto della penna di Takuji Ichikawa, già autore dei sopracitati Heavenly Forest e Be With You. Penso che la sceneggiatura, pur nella sua complicatezza e nonostante i mirabili stratagemmi temporali e i colpi di scena, sia leggermente inferiore ai precedenti suoi lavori. Masami Nagasawa, è adorabile nei suoi sorrisini, faccine, camminate ciondolanti, ma alla fine è quello che è, cioè un personaggio mediatico che fa fare tanti soldi, ma nel talento distante anni luce da vere attrici sue coetanee come la mastodontica Yu Aoi. Takayuki Yamada: si è molto bravo, ma dopo aver visto Crows Episode Zero, di Takashi Miike, al FEFF10 non posso che ricordare la scena del bowling, sul tetto della scuola, e anche se in questo film piange veramente bene, è ormai condannato ad eterno bullo!! Fa piacere vedere Keiko Kitagawa che interpreta la ragazza seria sforna bambini, soprattutto dopo averla vista nel penoso Dear Friends, del 2007, di Kazuyuki Morosawa. La presenza di Fumiyo Kohinata fa sentire a casa, infatti la Toho lo schiera puntualmente nelle parti di comprensivi padri di una gioventù problematica (Touch, Sonokare) o simpatici medici (Be With You).
Consigliato per chi ama il genere Jun-ai, per chi vuole versare due lacrime, e per chi ama Masami Nagasawa, nonostante tutto!!
Qui i sottotitoli scritti da me per la versione SUPERiER a due dischi.
そのときは彼によろしく (Sono Toki Wa Kare Ni Yoroshiku - Say Hallo For Me)
Giappone, 2007 - Regia Yuichiro Hirakawa

それでもボクはやってない (Comunque sia, non sono stato io)

Su asianworld la traduzione dei sottotitoli di questo film da me effettuata, e riporto la recensione che ho scritto sul forum dello stesso sito. Qui potete scaricare i sottotitoli!!

Plot: In un treno iperaffollato che corre in un punto imprecisato dell’immensa Tokyo, Tappei Kaneko, un ragazzo in cerca di lavoro, viene accusato ingiustamente da una quindicenne di aver commesso 痴漢 (Chikan – Palpeggiamento). Dall’inizio alla fine, la sua vicenda giudiziaria.

Commento: Per noi Italiani, il reato di palpeggiamento non esiste neanche, essendo annoverato nell’ambito della molestia o della molestia sessuale. Viene anche da sorridere il solo pensare che commettere un atto del genere possa letteralmente rovinare la vita di una persona. Se in Italia l’essere pregiudicati può significare solo in qualche caso la preclusione ad alcuni ambiti della società (ma come si vede al giorno d’oggi anche il premio di una carriera politica prestigiosa), in Giappone significa la fine di ogni rapporto sociale costruttivo, sia in termini di rapporti interpersonali, sia in termini lavorativi e di reputazione (Tegami insegna). Da qui si può capire innanzitutto il senso di questo film nel narrare una vicenda giudiziaria derivante da un tale genere di reato, apparentemente lieve.

Il reato: Il 痴漢 (Chikan – Palpeggiamento) è una pratica molto diffusa in Giappone. Gli aggressori sono per la stragrande maggioranza di sesso maschile, ma si ha notizia di alcuni aggressori di sesso femminile. L’aggressione si attua di solito in luoghi affollati, preferibilmente treni, preferibilmente all’ora di punta, e consiste nel semplice toccare la vittima in corrispondenza delle sue parti intime. Vi sono diversi livelli di gravità nell'ambito di questo reato, che consistono nell’effettivo punto di contatto della mano dell’aggressore: ad esempio al di sopra o all’interno della biancheria intima. Le vittime, come già detto per la maggioranza ragazze, sono estremamente restie a reagire all’aggressione: questo deriva innanzitutto dalle peculiarità del carattere e dell’educazione dell’individuo giapponese che, per la maggioranza degli individui, consiste nel cercare di emergere dalla massa il meno possibile: denunciare e reagire ad un aggressore all’interno di un treno super-affollato significa non solo esporsi ad un rischio personale nei confronti dell’aggressore, ma anche nel mettersi figurativamente su un palcoscenico molto scomodo. Le compagnie ferroviarie giapponesi, per porre rimedio al dilagare di questi fenomeni, sin dal 1912 hanno introdotto i 女性専用車両 (josei sen'yō sharyō – Vagoni per sole donne), chiamati in precedenza 花電車 (hana densha – flower trains): la JR se n’è accorta più tardi, iniziando solo nel 2001. Queste carrozze speciali sono riservate alle donne e sono in servizio principalmente nell ore di punta, quindi dall'inizio del servizio fino alle 9:00 circa, la mattina, e dalle 17:00 alle 21:00 circa, la sera. L’estremo affollamento dei treni, però, rende un posto su queste carrozze merce rara, e il rimedio lungi dall’essere efficace. Il governo allora è corso ai ripari, facendo in modo che fosse proprio la mentalità, soprattutto delle forze di polizia e dei giudici, a cambiare: per questo attualmente vi è un estremo accanimento da parte di queste istituzioni, nei confronti degli aggressori e dei presunti aggressori, e la testimonianza di una vittima o presunta tale è considerata alla stregua di prova determinante per l’accusa, vista anche l’impossibilità nella maggior parte dei casi di rintracciare prove certe dell’aggressione. Questo sitema malato ha portato a delle aberrazioni impressionanti: è di pochi giorni fa la notizia dell'arresto di una coppia, ad Osaka, che nelle ore di punta stazionava nei treni: lei accusava un malcapitato di palpeggiamento, e lui nelle vicinanze la supportava proponendosi come testimone: il malcapitato, conoscendo la pessima situazione del sistema dal quale stava per venire giudicato, accettava di buon grado la proposta di un ritiro della denuncia in cambio di un’ingente somma di denaro. Questo genere di atti criminosi si sta moltiplicando in maniera preoccupante.

Il sistema giudiziario Giapponese: Parlare in generale del sistema giudiziario Giapponese sarebbe fuori tema e abbastanza noioso, ma è utile puntualizzare alcuni aspetti connessi al film: innanzitutto, come in tutti i paesi dell’estremo oriente, sia la giustizia che la forza di polizia sono mal informati sul concetto di “diritti umani”. In giappone in particolare, la polizia è molto violenta e corrotta, un poliziotto è una delle persone meno affidabili che si possa trovare, a detta degli stessi giapponesi. All’atto della scoperta un crimine si mette in moto un meccanismo che porta all’immediata cattura del presunto aggressore: il presunto colpevole viene imprigionato nella più vicina stazione di polizia che funziona anche come vero e proprio luogo di detenzione. Questa carcerazione preventiva si chiama 代用監獄 (Daiyō Kangoku), e si può protrarre fino a 23 giorni. Durante questo periodo, il presunto colpevole viene tenuto in uno stato di detenzione militaresca all’interno di celle piccolissime e sovraffollate. La polizia può effettuare interrogatori dalla durata illimitata, senza che l’interrogato possa avere l’assistenza di un avvocato e senza che tali sedute siano verbalizzate e registrate. Durante questi interrogatori, la polizia ha un solo intento: quello di convincere l’accusato a confessare. Lo spirito degli investigatori infatti è quello di evitare al dipartimento la figuraccia di ammettere un’incarcerazione ingiusta e quindi di ammettere un errore. Gli interrogatori sono spesso violenti e si ha notizia di torture effettuate in queste occasioni. L’incarcerazione preventiva, se l’accusato non confessa, si trasforma in incriminazione: la maggior parte dei procuratori infatti prende il risultato delle indagini svolte dalla polizia (sempre a sfavore dell’accusato) come prova fondamentale e, per lo stesso motivo citato prima, si guarda bene dal mettere la polizia nella condizione di scusarsi per un’incarcerazione ingiusta. La palla passa al giudice, che si pronuncia per la colpevolezza nel 99,9% dei casi, sempre per guardarsi bene dal far fare una figuraccia alla polizia ed al procuratore, e per risparmiare il sistema giudiziario della noia di un sicuro ricorso in appello da parte dell’accusatoLe reazioni: Questa situazione negli ultimi tempi è venuta alla luce a livello internazionale grazie a due avvenimenti: l’incarcerazione ingiusta del giornalista svedese Per Bodner, e il convegno organizzato dal 日本弁護士連合会(Nihon Bengoshi Rengōkai – Ordine degli avvocati Giapponese o JFBA), in seguito alla denuncia sporta in data 18 maggio 2007 dal CAT (Committee Against Torture), una delle sette istituzioni ONU a difesa dei diritti umani. Il primo fatto, la storia del povero giornalista svedese, ha portato la stampa internazionale ad occuparsi della faccenda, soprattutto perché uno dei suoi avvocati difensori era il nostro connazionale Pio D’Emilia, corrispondente dal Giappone per varie testate, nonché avvocato e vicepresidente dell’associazione della stampa estera a Tokyo (qui il racconto della vicenda e qui il il racconto di Pio D'Emilia). Il secondo avvenimento ha visto, in data 15 dicembre 2007 la proiezione di questo stesso film qui presentato, ed un successivo dibattito (foto e foto).

Il film: E’ un film lungo, privo di qualsiasi particolarità scenografica o fotografica, quasi come fosse un documentario, ed è pieno zeppo di dialoghi: quasi 2000 sottotitoli per due ore e venti minuti di durata, e molti di questi sono abbastanza lunghi a causa di dialoghi che sembrano lezioni universitarie. La storia è fittizia ma rispecchia fedelmente la realtà. Le riprese in stazione sono state effettuate presso la 府中駅 (Fuchū-eki - Stazione di Fuchu), a Tokyo, con la gentile concessione della Keio che ha prestato uno dei suoi treni, cammuffato come un convoglio della fittizia compagnia ferroviaria Jyohoku; i nomi di stazione stessi sono fittizi. Non si può dare un merito particolare al film né agli attori, ma è assolutamente da premiare il CORAGGIO di aver portato alla luce le falle di un sistema malato e corrotto. E’ importante che tutti sappiano cosa sta succedendo in Giappone, sotto questo punto di vista.
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L'angolo linguistico: Anche se (specialmente sui treni) il più delle volte il reato consiste effettivamente nel palpeggiamento, originariamente il termine chikan non indica quell'atto bensì l'uomo che "compie atti indecenti/osceni nei confronti di una donna". In senso più lato, il vocabolo indica un "uomo stupido", infatti il primo kanji può anche essere letto come oroka di "stupido, sciocco" e il secondo ha, tra i vari significati, anche l'accezione di "uomo" nel senso di otoko,maschio. (by niachan)