sabato 28 novembre 2009

天然コケッコー (Un "Coccodè" naturale)

Dal regista di リンダ リンダ リンダ(Lina Linda Linda), Nobuhiro Yamashita, ecco arrivare in punta di piedi un altro piccolo miracolo della cinematografia contemporanea Giapponese
Avete mai sognato di abbandonare tutto, la vostra frenetica vita cittadina, lo smog, il rumore, il luogo di lavoro affollato, il tempo che non basta mai? Avete mai sognato di andare in un posto tranquillo dove ascoltare in silenzio il tempo che passa, vedere l’erba che cresce, non sentire l’ansia per qualcosa dietro che ti rincorre?

Giappone, isola di Honshu, prefettura di Shimane. In un piccolo villaggio in mezzo alla campagna fatta di piccoli campi di riso e scoscese collinette piene d’alberi c’è una piccola scuola. Il numero degli abitanti di questo villaggio è talmente esiguo che la scuola elementare e la scuola media sono fuse nello stesso stabile, e in tutto tra l’una e l’altra ci sono solo sei studenti: la più piccola è così piccola che si fa ancora la pipì addosso, e la più grande è al penultimo anno delle medie. La scuola è in fermento perché sta per arrivare un nuovo studente, lui viene da Tokyo e si è trasferito nel villaggio del nonno paterno con la madre. Soyo (interpretata dalla giovanissima 印東夏帆(Indō Kaho), nome d'arte "Kaho") in particolare, la più grande della scuola, non vede l’ora che il ragazzo arrivi: Hiromi Osawa è infatti un suo coetaneo. Il primo incontro tra Hiromi, il villaggio e Soyo non è dei più felici: il ragazzo, abituato alla frenesia della metropoli nipponica fatica ad adattarsi alla nuova realtà nella quale è stato catapultato. I suoi sei compagni di scuola fanno di tutto per farlo ambientare, la loro allegria e spensieratezza sono talmente disarmanti da mettere in difficoltà anche un ragazzo metropolitano come lui. Col passare del tempo, Hiromi imparerà ad apprezzare la sua nuova vita nel villaggio.

Un film che mi ha suscitato grandi emozioni, devo ammetterlo. Forse era dai tempi di 茶の味(Cha No Aji - The Taste Of Tea), 2004, di Katsuhito Ishii. che non provavo un desiderio così intenso di fare downshifting. Penso che questo film sia l’inno al downshifting per eccellenza.

Che paesaggi, quelli della prefettura di Shimane, una delle meno popolose del Giappone: impossibili da descrivere per la loro bellezza tutta particolare: le scogliere di granito giallo come quelle che avevo visto a Shikoku nella costa del mare interno, il mare cristallino, il verde intenso e brillante della campagna e quelle piccole linee ferroviarie coi treni a gasolio che puntualmente si arrampicano in scogliere a picco e s’infilano in strette gallerie tra una valle e l’altra. Sembra il paradiso: case grandi, verande di lucido legno scuro aperte d’estate e la voglia di addormentarsi nei tatami circondati dal canto delle cicale. Le persone del villaggio, non sanno cosa sia la quella brutta sofisticatezza squisitamente cittadina fatta principalmente di espedienti comportamentali di autodifesa: sono onestamente oneste e tranquille. Mai un problema, mai un avvenimento violento e triste a parte il suicidio di quella donna, lì sul ponte nella strada per la spiaggia: basta prendere la strada più lunga per andare al mare, che oltretutto è anche più panoramica, per dimenticare anche questo. Vi aspettate sorprese? Efferati omicidi? Fantasmi? Nulla di tutto questo, Tennen Kokekko non riserva cattive sorprese, è una medicina per l’anima dei sognatori come me, che hanno bisogno, ogni tanto, di immedesimarsi in un paradiso terrestre come questo e perdersi nel benefico oblio del silenzio e della tranquillità di un luogo lontano da tutto e da tutti. Qualsiasi cosa sia necessaria, per mangiare, la si può prendere al campo, o al massimo si possono fare due passi al negozio della mamma di Ibuki, la ragazza della prima media. Il dottore? Bisogna andare in città! Il forestiero Osawa non si capacita di tutto ciò, e il suo stupore misto a schifato sconcerto sono l’espediente cinemantografico che fa da stampelle a noi spettatori sognatori ancora zoppi in questo nuovo mondo fantastico.

Nessuna sorpresa, davvero, nessuna.

Potrebbe sorgere un dubbio: è questo un film schifosamente bugiardo? Se Sono Shion con 紀子の食卓(Noriko No Shokutaku - Noriko's Dinner Table) ci insegna che trasferirsi in un luogo paradisiaco non è utile per fuggire dai propri fantasmi, e che essi sono nascosti dentro di noi, Nobuhiro Yamashita (già regista di Lina Linda Linda) dà la sua personale o più ottimistica visione: i problemi sono ovunque, anche in un luogo paradisiaco, e ce lo ricorda con quei fiori posati nella balaustra di quel ponte arrugginito sulla strada per la spiaggia, o l’attacco d’asma della mamma di Osawa, forse il momento più drammatico del film, ma se si ha la forza di lasciare le proprie pene alle spalle, se si riesce a purificare il cuore e a vivere con un forte atteggiamento ottimistico, è possibile trovare il proprio paradiso personale.

Spesso e volentieri la cinematografia contemporanea Giapponese costruisce paradisiache realtà parallele dove lo spettatore possa rifugiarsi e sognare: queste realtà possono essere identificate in amori da favola, viaggi che sembrano epiche avventure anche se vissute nel giardino dietro casa, grandi vittorie e successi. Spesso e volentieri tutte queste belle opere sono impalcature di bugia che coprono realtà ben diverse: la scuola in realtà fa schifo, il lavoro in realtà fa schifo, difficilmente si ha successo nello sport, come nello spettacolo o nella musica, ancor meno in amore, figuriamoci poi conquistare ragazze da favola, belle, gentili e premurose come fatine incantate: nella realtà le belle ragazze spesso sono furbe e spregiudicate, forti della loro bellezza e popolarità. Ma l’impalcatura di Yamashita si dimostra solida: è proprio l’isolamento del villaggio a proteggerlo dalla bruttezza e dalla cattiveria del mondo, Soyo e i suoi compagni sono sinceramente buoni e onesti, e soprattutto semplici. Il viaggio scolastico dei ragazzi a Tokyo non fa altro che rafforzare questo generale sentimento di purezza e quest’atmosfera speciale: A Shinjuku, impaurita davanti allo stagliarsi delle torri del palazzo governativo comunale di Kenzo Tange, Soyo si tappa le orecchie, trattiene il respiro e dice ai grattacieli, alla frenesia, al rumore, che quando crescerà imparerà a trattare anche con loro, ma che ora tutto il suo amore è per il villaggio, la sua gente e la sua piccola scuola. Un ambiente talmente bello che gli stessi personaggi provano già nostalgia per esso, pur vivendoci.

“Non c’è nulla di meglio di casa nostra”, dice il professore a una Soyo impaurita a Tokyo.

Tennen Kokekko è un film d’amore, amore per la bellezza in sé, per la bellezza della semplicità, per la bellezza della natura, per la bellezza dei rapporti interpersonali,per la bellezza dell’amore. Tennen Kokekko è un film d’amore per l’Amore. Un film per sognare, un film in cui trovare anche riparo dallo stress della vita quotidiana e dalla bruttezza diffusa dei nostri tempi.

Tennen Kokekko è anche una pugnalata al cuore, perché dopo aver vissuto il suo mondo, qualsiasi altro mondo può sembrare meno bello.

天然コケッコー (Tennen Kokekkō - A Gentle Breeze In The Village)

Giappone, 2007 - regia di Yamashita Nobuhiro

6 commenti:

Weltall ha detto...

Per me il nome Nobuhiro Yamashita è già un biglietto da visita più che sufficiente!!!

P.S.: dovresti far vedere a Shiho Crows Zero perchè...ti lascio solo immaginare che film ho pronto da guardare ^__*

nicolacassa ha detto...

Sono prontissimo per una seconda visione!

Debris ha detto...

Scena che lascia increduli ma vera...

http://www.youtube.com/watch?v=vFKQZik4JKg

nicolacassa ha detto...

>Debris> Poesia pura...

mhah ha detto...

Molto carino, forse a mio vedere non incredibilmente bucolico come descritto, ma sì, incita al "downgrade" :D

Pixels? In my videogames? ha detto...

Accidenti! Sembra proprio il film adatto a questo mio periodo di grande tentazione al downshifting. Grazie per il consiglio!