sabato 25 luglio 2009

大停電の夜に (Il blackout notturno)

Tokyo é uno degli agglomerati urbani piú grandi al mondo, e con i suoi sobborghi, a loro volta grandi come immense metropoli, non fatica a superare i trenta milioni di abitanti. La capitale della tecnologia, la capitale delle stranezze, la capitale di quei "contrasti" così affascinanti per un turismo "di nicchia", quello dei bellimbusti che "andare a mangiare il sushi fa figo" e quindi vanno in Giappone per fare ancora più figo (e si riscoprono, ad insaputa della vasta audience post-vacanza amanti del Mc.Donalds che forse è linguisticamente meno ostico), oppure quello dei fissati dei fumetti o degli anime Giapponesi, che ne fanno meta di pellegrinaggio. Tokyo (cosiccome d'altronde accade per tutto il Giappone in generale) vista dagli occhi del gaijin superficiale, del giornalista di viaggi o del promotore di viaggi organizzati é la "metropoli dei contrasti", un luogo dove la tecnologia piú avanzata convive con la piú severa tradizione, un luogo dove quartieri di grattacieli di mirabile altezza sono affiancati da complessi sacri dove regnano il silenzio e il religioso raccoglimento, e da quartieri a luci rosse dove ci si può anche solo idealmente affacciare alle piú depravate pratiche sessuali...

Ma quei "contrasti" tanto chic e di tendenza, sono tali solo per quelle tante persone che non conoscono abbastanza la societá Giapponese nella sua interezza e nella sua complessitá: quelle tante persone cresciute ad esempio in quel mondo cattolicizzato che porta a considerare "la diversitá" o "l'alternativa" come la solita babele di poveracci da compatire e salvare con eserciti di evangelizzazione; o i soliti furbetti tanto endemici nel nostro paese che passano sempre il post-vacanza nipponico a deridere coloro che danno la vita per il lavoro o che sono ligi al rispetto delle regole anche se si tratta di rispettare una dannata fila davanti alla porta della metro; gli acculturati da rotocalco settimanale pietosi nel compatire una società ormai famosa in particolare per i suicidi, o per una classe adolescenziale afflitta da immani problemi esistenziali (come se i nostri adolescenti fossero sani di mente...), o per una classe lavorativa considerata dai piú come ridotta in schiavitú da un sistema moralmente totalitario; o al massimo da visitare in un bel tour che non manchi di includere Tokyo, Kyoto, geishe, sushi e stronzate a non finire.

Ma perché tale polemico preambolo alla recensione di questo film?
Perché la visione di questo film é altamente consigliata per cominciare ad aprire gli occhi sulla societá Giapponese senza comunque impegnarsi troppo in analisi psico-sociologiche, ma cominciando a conoscere i Giapponesi non piú come extraterrestri ma come "uomini", nostri simili, semplicemente spegnendo quell'enorme sfavillante videogioco elettrico che é Tokyo, e vedere com'é fatto dentro.

É la vigilia di Natale, un uomo d'affari mente a sua moglie per incontrare la sua amante in un lussuoso albergo di Odaiba; un barista aspetta dentro al suo bar deserto il passare della notte prima della chiusura dell'attivitá; un ex carcerato cerca la sua ex fidanzata; una modella siede sul corniciome di un ospedale cercando il coraggio di suicidarsi; un vecchio aspetta la morte in ospedale; un ragazzino appassionato di satelliti osserva il cielo; una coppia di anziani vive in armonia il focolare domestico. Accade l'incredibile: una specie di meteorite si abbatte su una centrale elettrica e Tokyo si spegne.

Chiunque abbia vissuto Tokyo non potrebbe mai immaginarla senza elettricitá, ma paradossalmente proprio spegnendola é possibile vedere il suo vero cuore. Gli "extraterrestri" si tolgono le maschere da extraterrestri e cominciano a fare gli uomini, i problemi sono sempre gli stessi, come lo sono per noi, e il vederli attraverso degli occhi a mandorla non li rende meno dolorosi da vivere ed affrontare.
Si ama, si odia, si sbaglia, si tradisce, si scappa, si ha paura, si aspetta, si ruba, si gioisce... insomma si vive.

Il buio costringe la pupilla a dilatarsi e alla fine si vede pure meglio. E quella che mi piace definire "la cittá illuminata non da stelle naturali, ma da galassie elettriche", riesce di nuovo, incredibilmente a liberarsi di quell'aura di inquinamento luminoso e a "riveder le stelle", quelle vere.

Tralasciando l'ottima valenza didattica per i conoscitori superficiali di Giappone e Giapponesi, il film é un ottimo intreccio comunque giá visto di storie separate tra loro ma connesse indissolubilmente l'una all'altra, peccato per l'eccessiva lunghezza e ridondanza: con qualche limatura e qualche ripensamento in sede di montaggio perderei la voglia di definire questa pellicola, nonostante la passerella non trascurabile di star e le loro come sempre ottime prove recitative, "un'occasione sprecata".

大停電の夜に (Daiteiden No Yoru Ni - Il blackout notturno), titolo inglese "Until The Lights Come Back"

Giappone, 2005 - regia di Takashi Minamoto

sabato 4 luglio 2009

Tokyo!

Una produzione multinazionale per una pellicola recitata in Giapponese da attori di calibro (quasi sempre) Giapponesi ed ambientata in Giappone: una pellicola particolarissima divisa in tre episodi indipendenti e non connessi l'un l'altro, tre appassionate dichiarazioni di odio/amore per la più incommensurabile città del mondo opera di tre autorevoli registi di quel cinema non convenzionale che io tanto adoro.
Interior Design
Il Francese Michael Gondry forma questo visionario primo episodio. Akira e Hirokosi trasferiscono per qualche giorno a casa di Akemi, un'amica di lei. Akira è un aspirante regista che in città deve presentare il suo ultimo lavoro: sarà un cinema hard ad ospitare la proiezione del suo lungometraggio che comunque avverrà diversi giorni dopo il loro temporaneo trasferimento nella casa di Akemi che per le sue modeste dimensioni mal si addice ad ospitare più di due persone per volta. La coppia si dimostra da subito per niente in grado di trovare una soluzione a questo problema: la ricerca di un lavoro e di un appartamento in affitto vanno continuamente a vuoto, e proprio Akira, l'unico dei due ad avere qualche progetto nella vita, riesce quasi per caso a trovare lavoro come impacchettatore in un negozio di ceramiche. Col passare dei giorni il clima tra i due ed Akemi si fa sempre più pesante e la sitaizone si complica con l'arrivo del fidanzato di lei: per di più il rapporto tra gli stessi Akira e Hiroko si va deteriorando a causa delle mille difficoltà. Lo sconforto di Hiroko si trasforma così in un qualcosa di strano, molto strano.
Merde
Un altro francese, Leos Carax, dirige il secondo episodio. Un uomo occidentale sporco e storpio, con una strana barba e con degli strani vestiti, compie dei brevi raid per le strade di Tokyo, uscendo dalle fogne e rientrandovi subito dopo. L'uomo diventa presto noto all'opinione pubblica per la sua beffarda violenza nei confronti dei passanti. Il rinvenire delle bombe a mano in un deposito sotterraneo lo porta a provocare una strage a Shibuya. L'uomo viene arrestato e tutto il mondo impara a conoscerlo come "Merde" (che ha lo stesso significato della parola Italiana). Il suo linguaggio è incomprensibile, ma si fa avanti un bizzarro avvocato francese che ha dei tratti somatici estremamente simili a quelli del vagabondo che gli farà da traduttore per gli interrogatori.
Shaking Tokyo
Il più bello, secondo me, operadel regista coreano Joon-Ho Bong. Un uomo sulla quarantina ormai da 11 anni vive chiuso in casa, è un ひきこもり(Hikikomori), uno di quegli individui che in Giappone passano la propria vita isolandosi dal mondo esterno. La sua vita è perfetta, estremamente scandita da rituali precisi. Ma un terremoto e l'arrivo di una ragazza porta-pizze cambieranno la sua vita, per sempre...
Nonostante la diversità dei tre episodi ho trovato un interessante filo conduttore che li unisce in maniera indissolubile: tutti e tre i registi esprimono la difficoltà di "vivere" una città come Tokyo e un paese come il Giappone: per qualunque appassionato e sognatore sfegatato del Giappone, la visione di questo film è un delicato ridimensionamento di una infinita Disneyland marziana a semplice luogo di questo pianeta terra, abitato da gente normale alla quale non basta il denaro per vivere, gente normale che ha seri e comunissimi problemi, gente sucube di intolleranza e persecuzione, gente che ama e gente che odia, gente che ha paura, gente che soffre. Soprattutto Gondry e in maniera minore anche gli altri due, permeano le loro pellicole di quella "difficoltà" del vivere quotidiano che come una macchia s'insinua tra le vite dei loro personaggi, rovinandole. Parlando dell'episodio di Gondry in particolare, solo un genio visionario come il suo è in grado di far convivere un dolorosissimo realismo con la magia del sogno, o se vogliamo dell'incubo, entrambi sempre e comunque metaforici. Ayako Fujitani, già vista in Ritual di Hideaki Anno e Ryo Kase, il protagonista di それでもボクはやってない(Comunque sia, non sono stato io) sono degli attori davvero bravi e l'episodio ne trae enorme giovamento e credibilità.
Carax, a mio parere, con la storia della persecuzione di Merde tratta sempre metaforicamente un tema assolutamente d'attualità in Giappone: la diffidenza e la paura nei confronti degli stranieri. Merde parla un linguaggio incomprensibile, è ripugnante e puzzolente, si comporta in maniera maleducata e lontana anni luce dalla comune etichetta. Beh qualunque straniero, quando a Tokyo viene rifiutato da un tassista perchè "non Giapponese", o quando vede i vicini di metropolitana allontanarsi al proprio avvicinarsi, o se ha a che fare con la polizia, si sente come Merde, che diventa quasi un messia di un sospirato ammorbidimento da parte della società Giapponese tutta, nei confronti dei gaijin.
Bong, anche grazie alla presenza della bellissima e bravissima Yuu Aoi vince per assoluto distacco la gara del miglio episodio: un capolavoro di delicatezza e di poesia, che sono assolutamente difficili da descrivere e che denotano le sue grandi sensibilità e passione per il mondo Giapponese. Il cameo di Naoko Takenaka è imperdibile!
Un film davvero bello.
Tokyo!
Giappone, Francia, Germania, Corea del Sud, 2008 - regia di Michael Gondry, Leos Carax e Joon-Ho Bong