(In questo testo ci potrebbe essere qualche spoiler) Noriko, una ragazza di 17 anni, si sente un'aliena nella sua famiglia e nella sua cittadina di campagnia. Decide di scappare di casa e di unirsi alle amiche conosciute in un forum, e durante un black-out prende una valigia, getta tutto dentro di essa alla rinfusa e scappa per prendere il primo treno per Tokyo. Dopo un certo tempo anche sua sorella minore, Yuka, sparisce e scappa via. Il padre, disperato, lascia il lavoro e comincia una isterica ricerca delle figlie che lo porterá sulle tracce di quella che lui pensa che sia la famigerata organizzazione teatralmente chiamata dai media "Suicide Club".
Dopo aver visto il bellissimo 愛のむきだし(Ai no mukidashi - Love Exposure) in anteprima al Far East 11, vedere un film di 園子温(Sono Shion) può trasformare una normale serata in un'imperdibile serata. Noriko's dinner table dovrebbe essere il seguito del suo 自殺サークル(Jisatsu saakuru - Suicide Club) del 2002, ma se ne discosta con una sceneggiatura che narra di avvenimenti temporalmente quasi paralleli a quelli del primo episodio, ma vissuti in luoghi e da persone diversi, che in alcuni momenti vengono a contatto con avvenimenti e personaggi del film sopracitato.
Non ricordo molto di Suicide Club, l'ho visto tanti anni fa e dovrei rivederlo per poterci scrivere qualcosa, ma penso che come me chiunque lo abbia visto non possa non ricordare la sua scena madre, cioé il suicidio collettivo delle cinquanta e più studentesse di scuola superiore sotto un treno della Chūō line nella stazione di Shinjuku, a Tokyo: scena più volte ricorrente anche in questo film.
Una sceneggiatura se pur parallela a quella del "primo episodio", indipendente ed autoconclusiva, sembra quasi che il regista abbia voluto sfruttare il successo di Suicide Club e sfruttarne la preesistente "piattaforma" per parlare di argomenti nuovi. Si può tranquillamente guardare questo film anche senza aver visto il precedente, addirittura lo si potrebbe utilizzare come prequel...
Il tema del suicidio è sempre comunque presente anche in questo film. La visione di Sono Sion sull'argomento é abbastanza critica pur nella sua tragica satiricitá: Noriko pur non avendo alcuna intenzione di suicidarsi finisce col prendere contatti con alcune delle ragazze membri di un misterioso forum, considerato da alcuni una copertura del cosiddetto "suicide club" e socializza con una di loro in particolare, nickname Ueno Station 54, vero nome Kumiko, a sua volta fondatrice e capo di una strana organizzazione che fornisce ai propri clienti "esseri umani in affitto" per qualsiasi utilizzo. Non si arriva mai a capire se in realtá questa organizzazione sia il Suicide Club, oppure una sua copertura, o se addirittura la sceneggiatura voglia forzare l'opinione dello spettatore sul fatto che tutto ciò che succede nel film non abbia alcuna connessione col Suicide Club mettendone in discussione la sua stessa esistenza e degradandolo a semplice ossessione di un padre disperato che assieme alle sue figlie ha perso tutto.
Però comunque i ragazzini si continuano ad ammazzare in gruppi organizzati e sembra che dietro le quinte ci sia un'accurata regia a muovere i fili di una macabra successione di eventi. Apparentemente per molti dei personaggi di questo film il suicidio é una bellissima liberazione dalla sofferenza, ma alcuni di essi si sottopongono ad una morte diversa, anche se comunque volontaria, ed é questa una delle cose che più mi hanno lasciato di sasso: farsi ammazzare volontariamente da qualcuno che vuole uccidere per sfogare la rabbia ad esempio su una moglie adultera, facendo da figurante ed interpretando una persona il cui destino é quello di morire, offrire un servizio e rendere la propria morte utile per qualche altro. Un'idiozia, una grande idiozia frutto della mente di delle poverette senza alcuna speranza.
A mio parere il genio di Sono Sion sta proprio nel rendere questa follia una metafora dell'isteria collettiva della quale il Giappone é realmente malato, e nello smontare accuratamente pezzo per pezzo questa stessa follia con un'intelligente critica costruttiva in chiave metaforica: dopo aver costruito un quadro scenico ben definito che mostra una realtá, quella dell'organizzazione che noleggia esseri umani per qualsiasi scopo, quella dell'ipotetico Suicide Club, rompe tutto utilizzando una delle sue carte apparentemente meno influenti: il personaggio di Yuka, la sorella di Noriko, che con grande astuzia s'infiltra nella trama di mistero generata dalla scomparsa della sorella maggiore e al contrario del padre rimanendo "sana di mente" diventa il Deus Ex Machina dell'apparato distruttivo dell'autore, ridicolizzando quell'organizzazione ora babele sanguinaria di odio per sé stessi e per la vita, gomorra di perversioni ancestrali vilmente cammuffate da servizio di pubblica utilitá, specchio di una societá, quella Giapponese, che l'autore vuol denunciare mai come ora vuota di contenuti e soprattutto di quell'autocontrollo che si é sempre imposta, autocontrollo ora diventato la silenziosa autoviolenza privata di tanti individui e di tante famiglie.
L'organizzazione di Kumiko diventa allora la parodia di quelle migliaia di persone che in Giappone aiutano gli aspiranti suicidi a raggiungere con successo il loro scopo: i forum monotematici, un'accurata metodologia della morte volontaria studiata da menti perverse per poveretti con la sola colpa di essere nati nel posto sbagliato, o di non avere abbastanza forza per sopportare l'infinita pena del vivere. Yuka é viva e vigile nella sua apparente idiozia di ragazzina quindicenne, sembra stralunata ma é giá una spanna più avanti rispetto alla sorella che non fa altro che autocommiserarsi e nascondersi dietro quegli spessi occhiali fuori moda, dietro la scusa che il male del mondo sia tutta colpa di suo padre.
Tetsuzo, lui, il grande uomo convinto che basti rifugiarsi con la sua bella famiglia in quella cittadina costiera apparentemente perfetta che si chiama Toyokawa (che tra l'altro è la cittadina natale del regista) per sfuggire al male e alla violenza del mondo esterno, ma che si accorge ben presto del fatto che il male e i problemi si generano principalmente da noi stessi che il più delle volte creiamo con maestria il nostro piccolo inferno personale.
In una grande metafora cinematografica allora Tetsuzo conosce l'inferno e rimane solo, scende negli inferi e affronta il diavolo, uccide i suoi scudieri con inaudita ferocia, e spera che si possa ricominciare tutto daccapo. Ma affonda le di nuovo le sue radici in quell'inferno dal quale non può più risorgere, e la rassegnazione copre come un sudario pure tutti gli altri, tranne Yuka, che dopo aver fatto la sua discesa negli inferi ha messo al sicuro sia sua sorella che suo padre nell'inferno meno doloroso per loro, si é strappata le radici dai piedi ed é volata via come un angelo della vita, e la sua libertá non la lascia sola, nuda ed impaurita come era stato per Noriko, ma la rende abbastanza leggera per spiccare finalmente il suo primo volo.
Sono Sion ha uno stile di ripresa unico: il film è diviso in capitoli, ognuno monografia di un personaggio, ma tutti fusi in una fluida coralità. La genialitá di questa sceneggiatura però raggiungerebbe la perfezione se limata di inutili lungaggini, e con qualche modifica in un finale troppo lento: difetti dei quali ad esempio il suo più recente lavoro "Love Exposure" é esente, pur con la sua folle durata di quattro ore.
紀子の食卓 (Noriko No Shokutaku - Noriko's Dinner Table)
Giappone, 2005 - regia di 園子温(Sono Shion)